Copertina – Salah al-Juju, senza casa da 21 anni, trascorre le sue notti alla ricerca di libri nella spazzatura di Gaza. Abed Zagout
di Hamza Abu Eltarabesh, 15 maggio 2019
Quando di notte la gente di Gaza dorme, Salah al-Juju si alza dal suo letto di fortuna in Palestina Square, nel centro di Gaza City, e inizia il suo tour abituale.
Al-Juju, 56 anni, vive per le strade di Gaza da circa 21 anni. Ogni notte fino all’alba fruga nei contenitori della spazzatura di Gaza in cerca di libri.
Questa routine, o “iniziativa personale”, come dice lui, è iniziata sette anni fa.
“I libri sono il mio unico amico su questo pianeta”, ha detto a The Electronic Intifada. “Questa impresa è un messaggio ai nostri giovani perché non compromettano il loro futuro buttando via i libri”.
Sarcasticamente, ha aggiunto: “Sembra che la migliore biblioteca di Gaza sia la spazzatura. Non so come gestire le varie formalità della biblioteca come l’uso di regolamenti e iscrizione alla biblioteca.”
Il giaciglio di Al-Juju è un vecchio carro di legno e metallo in cui dorme da vent’anni. Preferisce parlare delle sfide educative di Gaza, come il declino degli standard e la mancanza di interesse nei giovani per i libri e la lettura, piuttosto che nella propria vita personale.
“Sono sempre stato diverso dai miei amici. Da bambino non mi piaceva giocare come ai miei coetanei, ma mi è sempre piaciuto leggere e andare al cinema che, negli anni ’60, a Gaza esisteva. Ho letto più di 1.000 libri nella mia vita”.
Al-Juju, che tende a ripetersi, crede che leggere sia la sua unica medicina. “Io non vado da nessun dottore. A volte mi dimentico il significato delle cose, ma la lettura mi rimette di nuovo in pista“.
Il problema dei senzatetto, separato dal dislocamento causato dai bombardamenti israeliani di case nel territorio costiero occupato, è diventato sempre più visibile negli ultimi due anni.
Il fenomeno inquietante può essere attribuito in gran parte al blocco israeliano in corso. Inoltre, le misure punitive politiche ed economiche dell’Autorità palestinese contro i palestinesi a Gaza stanno rendendo sempre più profonda la povertà e contribuendo a spingere alcuni palestinesi a diventare dei senzatetto.
Una delle aree più densamente popolate del mondo, la Striscia di Gaza subisce un dannoso blocco imposto da Israele da oltre un decennio. L’assedio ha reso praticamente impossibile importare materiali cruciali per lo sviluppo e la ricostruzione della distruzione che Israele stesso ha prodotto nel corso di tre guerre devastanti in questo periodo.
Ispirazione
Poco più di un anno fa circa 22.000 palestinesi erano ancora sfollati interni, in calo dai circa 100.000 dovuti al più recente assalto israeliano nel 2014.
Lo scorso luglio The Electronic Intifada ha riferito che la ricostruzione stava procedendo a passo di lumaca.
I ripetuti attacchi su Gaza e il costante terrore di raid aerei israeliani hanno avuto profonde implicazioni sulla salute mentale dei palestinesi a Gaza. Madri, padri e bambini si sentono insicuri e incapaci di pensare a una benché minima certezza di futuro.
Il prezzo psicologico è continuo. Almeno sette grandi edifici residenziali e commerciali insieme a 14 case sono stati rasi al suolo dagli attacchi israeliani nella prima settimana di maggio.
Abd al-Hamid al-Firani, uno storico, è ben consapevole del trauma a cui i suoi vicini, in particolare i bambini, sono sottoposti anno dopo anno dall’esercito israeliano.
Infatti, l’amore di al-Juju per i libri ha ispirato al-Firani a trasformare la sua biblioteca privata – situata nella parte anteriore di casa – con i suoi circa 2.000 volumi e utili elenchi di libri e studi accademici, in una risorsa educativa gratuita per il pubblico.
“Al-Juju mi ha ispirato a pensare in modo diverso e in un modo che avvantaggi le generazioni future.”
Dagli Emirati Arabi Uniti alle strade di Gaza
Nel novembre 2018, cinque famiglie hanno eretto tende e preso residenza nel al-Saraya Square, nel centro di Gaza City. Erano stati tutti – insieme ai loro mobili – buttati fuori da varie case perché non potevano permettersi l’affitto.
Tra i manifestanti c’era Omar Abu al-Nimr la cui vita personale è stata profondamente plasmata dall’occupazione e dalla guerra. Anche il suo matrimonio si è dovuto svolgere in una scuola provvisoria gestita dall’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, durante la guerra israeliana del 2014 contro Gaza.
Prima di vivere da due mesi in questo distretto commerciale, dopo lo sfratto dal suo appartamento si è trasferito in continuazione, vivendo per strada, in moschee e luoghi pubblici, oltre che occasionalmente con i genitori della moglie.
Abu al-Nimr ha studiato relazioni pubbliche negli Emirati Arabi Uniti nel 2008. Ma anche quando lavorava era una lotta per pagare l’affitto, ha detto a The Electronic Intifada.
“Ora, dopo aver perso il lavoro, non posso pagare l’affitto. Questo è il motivo per cui sono venuto ad al-Saraya con mia moglie e due figli”.
Questa non è la prima volta che Abu al-Nimr, 34 anni, rimane senza casa. Nel 2009, quando dagli Emirati Arabi, dove vive la sua famiglia, viaggiò in Egitto, le autorità egiziane lo deportarono a Gaza perché la sua famiglia è palestinese con legami con il territorio.
A quel tempo, Abu al-Nimr non aveva un posto dove vivere a Gaza. Tuttavia, gli fu concesso di trascorrere le sue notti nell’ospedale di Nasser a Khan Younis, nel sud di Gaza.
In cambio, lavorava per l’ospedale riempiendo bombole di ossigeno e distribuendole tra i reparti. Abu al-Nimr ha lavorato senza stipendio fino al 2012, quando ha scelto di vivere per strada in riva al mare e lavorare nelle caffetterie vicine.
All’inizio del 2013, trovò lavoro in uno dei ristoranti di Gaza. Con questa ritrovata stabilità, decise di sistemarsi. Ha sposato Hiba Fayad, 28 anni, laureata in psicologia.
La sua casa di famiglia fu distrutta durante la guerra del 2014. Si sono dati da fare insieme per trovare alloggio e, ha detto Fayad a The Electronic Intifada, cercato assistenza sia dal Ministero di affari sociali che dal Ministero degli alloggi, senza alcun risultato.
“Mio marito ed io siamo diplomati, ma questo non è sufficiente per dare una vita dignitosa a Gaza ai nostri figli.”
Nessuno che sia in una posizione di autorità mostra “simpatia alla luce delle difficili condizioni in cui viviamo”, ha detto.
La mancanza di alloggio è stata dolorosa e traumatica. Ora, dice, sente di essere considerata insieme alla sua famiglia, un “nessuno”.
Muhammad al-Askari, direttore del Ministero degli alloggi a Gaza, ha confermato che il tasso di senzatetto è in aumento.
Ha accusato il blocco e la conseguente situazione economica per l’aumento dei senzatetto, e ammette che “ci sono più di 3.000 famiglie a Gaza dopo la terza aggressione israeliana che non hanno una residenza stabile”.
Secondo la Banca Mondiale, il tasso di disoccupazione a Gaza nel 2018 era del 52% e tra i giovani era ancora più alto, raggiungendo il 67%.
“I senzatetto non erano un fenomeno a Gaza in passato”, ha detto al-Askari, “ma negli ultimi due anni il numero delle persone che vivono in strada è aumentato a causa del deterioramento delle condizioni economiche e del conflitto politico in corso”.
Vivere con i morti
Il problema della perdita della casa non è l’unica sfida affrontata da queste famiglie.
The Electronic Intifada ha visto i risultati preliminari di uno studio del dicembre 2018 dell’Ufficio Centrale Palestinese di Statistica in materia di sicurezza alimentare socio-economica che indica che quasi il 70% delle famiglie di Gaza nel 2018 era in insicurezza alimentare.
La famiglia di Abu al-Nimr è una di queste.
La loro situazione è peggiorata quando il governo municipale ha richiesto alle cinque famiglie di lasciare l’al-Saraya Square perché quell’area era destinata al commercio.
Incapace di trovare un altro posto dove andare, Abu al-Nimr vive con la sua famiglia nel cimitero al-Mamadani a Gaza City.
“Sembra che vivere tra i morti sia molto meglio.”
Abu al-Nimir e la sua famiglia non sono soli.
La realtà di persone che vivono nei cimiteri è iniziata a Gaza nel 1948 con le massicce espropriazioni subite dai palestinesi durante la Nakba, quando circa 800.000 palestinesi fuggirono o furono scacciati dalle loro case all’interno di quello che è diventato Israele e non sono mai più potuti tornare.
A Gaza, alcuni bambini sono nati tra le tombe, crescono e vivono lì la loro vita, e possono essere sepolti nello stesso luogo.
Said al-Basiouni ha vissuto in un cimitero di Khan Younis in una stanza di cemento con un tetto di amianto per tutti i suoi 32 anni.
“La mia famiglia ha vissuto nei cimiteri sin dalla Nakba. A nessuno importa di noi. Ereditiamo di vivere qui”, ha detto.
Al-Basiouni raccoglie plastica dalla spazzatura per comprare cibo per la sua famiglia. “I soldi che guadagno servono a malapena per comprare del cibo. Come potrei pagare l’affitto?”
Le autorità hanno detto ad al-Basiouni che avrebbero trovato un posto per lui e la sua famiglia, ma finora sono state parole vuote e promesse non mantenute.
Hamza Abu Eltarabesh è un giornalista di Gaza.
Traduzione di: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org