Si è appena concluso il Giro d’Italia al quale, lo scorso anno, avrebbe voluto partecipare un ciclista palestinese, poi diventato disabile. I sostenitori chiedono che Israele gli conceda il visto per gareggiare
Enrico Campofreda, 3 giugno 2019
Centoventi chilometri al giorno, per un massimo di 32, 33 in linea. Poi si torna indietro e di nuovo avanti e indietro. Bisogna esserci nato nella prigione a cielo aperto di Gaza per accettare non solo di viverci, ma di allenarsi. Alaa al-Dali lo fa e lo fa con una gamba. L’altra gliel’hanno portata via i cecchini israeliani che ne hanno fatto un bersaglio mobile, come per altri giovani gazawi attivi nella Grande marcia d’un anno fa per il diritto al ritorno dei profughi palestinesi. Un tour de force di protesta e repressione che ha fatto 255 vittime e 23.000 feriti.
Ovviamente tutti palestinesi, perché i soldati di Tsahal oltre il confine facevano il tiro al bersaglio, sostenendo di difendere la patria. Colpito con un proiettile di quelli vietati, ma che Israele usa impunemente, Alaa ha avuto ossa e vene disintegrate e più di un’operazione non l’ha salvato dall’amputazione della gamba destra resa necessaria per evitargli cancrena e morte certa. Questo il primo dramma, comune a tanti altri abitanti della Striscia che le continue guerre-lampo lanciate da Tel Aviv hanno accresciuto negli ultimi anni. L’altro cruccio per il ciclista, che lo scorso anni sperava di poter partecipare al Giro d’Italia e ai Giochi asiatici, diventava quello di non poter pedalare più. L’incubo è stato superato dall’applicazione di una protesi che ora lo mette in condizione di partecipare (sempre che ci siano i permessi d’uscita da Gaza) a competizioni paralimpiche. Ad ottobre scorso, pur invitato a gare organizzate in Indonesia, non ha ricevuto il visto per il viaggio.
Ora l’obiettivo sarebbe partecipare ai Giochi paralimpici di Tokio nel 2020, ma deve pur sempre qualificarsi e per farlo dovrebbe gareggiare. Il circolo vizioso è sempre quello che conduce ai suoi carcerieri, oltreché crudeli feritori, lo Stato d’Israele che ti limita nel fisico e cerca di fiaccarti lo spirito. Il sogno no, non è riuscito a limitarlo. Tantoché quando Alaa pedala e pedala con la sua gamba metallica, cerca tempi buoni nel cronometro, mentre rincorre tempi migliori per sé e la sua gente. E’ un giovane uomo, oltreché un potenziale campione in cerca di umanità.