In Palestina, le organizzazioni per i diritti degli animali non hanno altra scelta che occuparsi anche degli altri problemi sociali. Semplicemente, essere un vegano “single-issue” è un lusso che i Palestinesi non possono permettersi.
Jasmine Owens – 11 luglio 2019
Immagine di copertina di Palestinian Animal League
Sentii per la prima volta le parole “vegano” e “Palestina” nella stessa frase tre anni fa. Ero ad un festival vegano in cui si parlava di Palestinian Animal League, ma mentre aspettavo che iniziasse la conferenza, cominciai a sentirmi indignata. Il mio subconscio specista si domandava: come possono chiedere ai Palestinesi di prendersi cura degli animali? Non hanno già abbastanza problemi da affrontare?
Da allora, PAL ha trasformato le convinzioni che avevo su ciò che secondo me avrebbe dovuto interessare il popolo palestinese e su quali attivisti dovrebbero essere in prima linea nel movimento per la liberazione animale.
Uno degli attivisti che mi ha fatto cambiare idea è Ahlam Tarayra – l’attuale presidente di PAL.
Nel 2012, il fratello di Tarayra portò a casa una cagnolina. Questa divenne presto madre, dando alla luce la sua cucciolata e adottando persino cuccioli randagi dalla strada. Ben presto, in casa ci furono oltre 20 cani. “Divennero troppi da gestire”, mi disse Tarayra. Non c’erano rifugi per cani, quindi rilasciammo tutti i cani, tranne due, nelle montagne vicine. ” In Palestina, quando hai un animale che non vuoi, semplicemente lo mandi via. È molto doloroso, sotto molti aspetti. ”
Non molto tempo dopo il rilascio dei cani,a Tarayra capitò di ascoltare alla radio Ahmad Safi, il fondatore di PAL. La trasmissione riguardava i cani randagi e si stupì nell’apprendere che in Palestina vi erano persone che si stavano organizzando per affrontare questo problema. Voleva aiutare come poteva.
Oggi dirige l’associazione.
La vita è dura per i cani randagi in Palestina. Le ricerche condotte da PAL mostrano che i cani sono spesso considerati come un fastidio, pericolosi e impuri. Le autorità municipali e i cittadini in genere usano metodi letali, come l’avvelenamento, per liberarsi di loro.
Nel 2016, PAL lanciò un programma, il primo in Palestina, di cattura, sterilizzazione, vaccinazione e rilascio (TNVR) dei randagi. Fino ad ora sono stati sterilizzati oltre 240 cani. PAL ha anche organizzato centinaia di workshop sui diritti degli animali, nel corso dei quali i giovani propongono progetti che mirano a cambiare il modo in cui i Palestinesi si relazionano e vivono con gli altri animali.
“Anche se non abbiamo ancora il problema degli allevamenti intensivi, ci stiamo arrivando . Quindi perché dovremmo aspettare a parlarne? Data la crescente domanda di prodotti lattiero-caseari e carne, avremo allevamenti intensivi come gli Stati Uniti e l’Europa. Sta già iniziando con la produzione delle uova, con le galline allevate in grandi capannoni.”
Ho chiesto a Tarayra se la percezioni dei randagi è cambiata: “L’idea di creare PAL è nata nel campo profughi di Jalazone, dove il nostro fondatore Ahmad vide un bambino che abusava di un gatto. Quello che ho sentito dalla gente di Jalazone è che anni fa era normale vedere giovani picchiare per strada un gatto, un cane o persino un uccello. Ma ora quando ciò accade vi sono persone che intervengono: “Non puoi farlo, perché lo stai facendo?”. Ciò è promettente. Due anni fa, era molto difficile trovare persone che adottassero cani, mentre ora vi sono persone che desiderano averli come compagni e ogni volta che salviamo dei cuccioli riusciamo a trovare loro casa in un paio di giorni.”
In Palestina PAL gestisce anche progetti a tutela dei cavalli e degli asini utilizzati per lavoro, ha lanciato la prima cafeteria vegana e il primo tour vegano. Attualmente sta portando avanti un progetto su larga scala per promuovere il veganismo , un progetto che include interventi nelle scuole e la conduzione di workshop specifici sulle industrie della carne e dei latticini. Tarayra spiega: “Anche se non abbiamo ancora il problema degli allevamenti intensivi, ci stiamo arrivando . Quindi perché dovremmo aspettare a parlarne? Data la crescente domanda di prodotti lattiero-caseari e carne, avremo allevamenti intensivi come gli Stati Uniti e l’Europa. Sta già iniziando con la produzione delle uova, con le galline allevate in grandi capannoni.”
Ma come si inserisce tutto ciò nella situazione politica? PAL opera principalmente in Cisgiordania. Vorrebbe lavorare di più a Gaza, ma nella “più grande prigione a cielo aperto del mondo” è quasi impossibile sviluppare dei progetti.
Spesso viene chiesto a Pal se collabora con le organizzazioni israeliane per i diritti degli animali. La domanda è coerente con l’errata e diffusa convinzione che la soluzione per creare la pace tra Palestina e Israele sia sviluppare più dialogo e collaborazione tra le parti . La posizione di PAL è che finché il campo di gioco è così sbilanciato, tale soluzione non può funzionare: uno è l’Occupante, l’altro l’Occupato.
“Non importa quello che stai facendo qui. Che ti piaccia o no, che tu lo voglia o no, in un modo o nell’altro sarà collegato al sogno della liberazione.” Tarayra dice: “È inevitabile, non è opzionale. Non puoi semplicemente fingere di vivere in una situazione normale in un paese indipendente e lavorare soltanto su questo o su quel problema. Tutto è collegato all’occupazione. ”
Le ho chiesto come le questioni relative ai diritti degli animali siano influenzate dall’occupazione, e mi ha fatto questo esempio. Il giorno di Capodanno, PAL fu chiamata a proposito di una cagnolina randagia in stato di gravidanza che era stata presa a calci così duramente da riuscire a malapena a camminare. La cagnolina era stata recuperata da Tarayra e portata presso la clinica veterinaria di PAL. Una settimana dopo, partorì diversi cuccioli e la famiglia fu adottata da un veterinario che poteva fornire assistenza continua.
Il giorno successivo a quello in cui i cani avevano lasciato la clinica, i carri armati israeliani invasero Ramallah, la città dove ha sede PAL. I militari stavano cercando i responsabili di un’azione contro dei coloni israeliani. La ricerca durò tre giorni. I soldati occuparono le strade e a tutti i Palestinesi fu proibito uscire di casa.
Tarayra ipotizza: “E se la cagnolina e i cuccioli fossero stati ancora in clinica? Dovevamo controllarli quattro o cinque volte al giorno. Per due notti intere, non potemmo uscire. E se ci fossero stati animali malati? Il giorno dopo ho pensato: come potrebbero chiederci di concentrarci solo sugli animali? Non possiamo concentrarci solo sugli animali, perché succedono cose, perché le persone vengono uccise, perché un’altra parte della nostra vita è completamente sconvolta. Quindi come potremmo fingere che tutto vada bene? ”
L’occupazione crea molti ostacoli al movimento per i diritti degli animali in Palestina. Il muro sta distruggendo gli ecosistemi naturali. Le forniture veterinarie vengono bloccate all’aeroporto di Tel Aviv per mesi, senza spiegazioni. Alcuni bambini del progetto giovanile di PAL sono stati arrestati e torturati dall’esercito israeliano. Bombe e gas lacrimogeni non discriminano tra le specie.
Dalla stampa, i Palestinesi hanno ricevuto una terribile pubblicità in relazione a come trattano gli altri animali, ad esempio quando si è parlato delle condizioni dello zoo di Gaza. Condannare i Palestinesi per questo, senza considerare in che modo l’occupazione influenza la vita e le capacità delle persone, significa commettere un’ingiustizia nei confronti degli attivisti che stanno facendo del loro meglio per gli animali in difficoltà.
L’obiettivo principale di PAL è quello di aiutare le persone a diventare forti, obiettivo che potrebbe sembrare inaspettato per un movimento per i diritti degli animali. “Credo che il prendersi cura dei più deboli tra di noi, siano essi animali umani o non umani, ci aiuti a diventare forti. Ci sono molti problemi nella società palestinese, l’oppressione delle donne, degli animali, delle persone di basso rango sociale e noi dobbiamo affrontarli tutti. Per questo dobbiamo essere forti ed aiutare le persone a diventarlo e ad affrontare l’occupazione con questa forza. Per me, la causa è unica. ”
In Palestina, le organizzazioni per i diritti degli animali non hanno altra scelta che occuparsi anche degli altri problemi sociali. Semplicemente, essere un vegano “single-issue” è un lusso che i Palestinesi non possono permettersi.
Nel loro articolo su “Deconstructing Militant Manhood”, Lara Montesinos Coleman e Serena A. Bassi hanno coniato il termine “Anarchist Action Man.” L’attivista così definito sembra soffrire per la causa dei non umani a nome di tutta la grande comunità degli attivisti animalisti. La studiosa femminista Abbie Bakan spiega come questo sia un approccio maschilista e protezionistico, che riproduce l’oppressione delle donne e dei gruppi emarginati presentandoli come elementi privi di qualcosa.
L’Anarchist Action Man può essere carismatico e portare molte persone nel movimento. Sostiene che l’azione diretta e il partecipare ad ogni dimostrazione è “il minimo che possa fare”. Inoltre tende ad essere ricco, cisessuale, bianco.
Essere in grado di rinunciare a tutto per gli animali è un lusso che molte persone non possono permettersi.
E’ facile che il privilegio renda ciechi anche nei circoli più progressisti. Recentemente ho partecipato ad una riunione antifascista in cui gli organizzatori avevano ignorato le preoccupazioni sull’accessibilità per le sedie a rotelle. Conosco genitori che sono tormentati dal senso di colpa perché l’occuparsi dei figli impedisce loro di andare alle dimostrazioni o alle proteste.
Gli approcci femministi all’attivismo riconoscono e affrontano le differenze tra gli attivisti, piuttosto che ignorarli. Un approccio femminista farebbe porre la domanda: esiste un modo in cui possiamo procurare assistenza ai bambini o luoghi accessibili ai disabili ? Come possiamo fare campagne per migliorare l’assistenza all’infanzia o l’accessibilità ai disabili ? Come possiamo cambiare la natura del nostro attivismo per consentire alle persone con differenti impedimenti e abilità di diventare membri centrali del movimento?
Dal 2011, PAL ha insegnato al mondo che se vogliamo un forte movimento per i diritti degli animali, abbiamo bisogno di forti attivisti. Parlare contro la specifica forma di oppressione che limita la capacità di alcuni di lavorare per i diritti degli animali – che sia la disabilità, l’assistenza all’infanzia o l’occupazione – è la stessa cosa che fare una campagna per gli animali.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org