12 Ottobre 2019
Prima di Trump, peggio di Trump che alla fine, nei tempi della storia, risulterà il degrado esemplare dei sovranismi populisti a intelligenza zero. Incidente nella storia da esempio negativo per il futuro del mondo, mentre ben altri sono stati i tradimenti e le ingiustizia subite dal popolo curdo condannato a rimanere senza una propria patria, ospite più o meno gradito in casa altrui.
Prima guerra mondiale, trattato di Sevres
Per capire le tappe fondamentali della tormentata vicenda del popolo curdo almeno nel XX secolo e all’inizio dell’attuale è necessario partire dalla conclusione della Prima Guerra mondiale e dalla dissoluzione dell’impero ottomano. Dopo il trattato di Versailles del 1919, che riguardò essenzialmente gli equilibri europei continentali e la Germania, a Sèvres il 10 agosto 1920, fu siglato un altro trattato per regolare i rapporti con l’impero turco sconfitto e le potenze occidentali vincitrici. Per la prima volta dopo secoli si ammise l’esistenza di un popolo curdo e il suo diritto ad un proprio stato indipendente. La situazione politica internazionale era però ancora agitata soprattutto per il conflitto in corso tra Grecia e Turchia. Poiché, nonostante il trattato in corso di negoziazione, la Grecia aveva nel frattempo attaccato la Turchia – subendo dopo due anni di duri combattenti una clamorosa sconfitta – e di fatto l’accordo non funzionò, nonostante le ratifiche dei paesi europei interessati, tra i quali l’Italia.
Il trattato di Losanna
Nell’ottobre 1922 cominciarono allora i negoziati per un secondo trattato che, prendendo atto della sconfitta greca e dei nuovi confini territoriali ottenuti dalla Turchia dopo la guerra, riconobbe lo stato di fatto nella parte occidentale, ovvero quella sul mar Nero rivolta appunto verso la Grecia. Dall’altra parte la Turchia rinunciò formalmente a varie parti del vecchio impero, quali ad esempio la Siria (affidata al mandato francese) o Cipro (affidata al mandato inglese), ma anche la Cirenaica, la Tripolitania e il Dodecaneso divenute colonie italiane. Una tra le maggiori critiche rivolta al trattato fu tuttavia il cosiddetto scambio delle popolazioni: un milione mezzo di greci residenti in Turchia da secoli furono costretti a rientrare nella madrepatria e mezzo milione circa di turchi fu costretto ad abbandonare la Grecia. Le due ondate di profughi in direzioni opposte sconvolsero l’opinione pubblica mondiale e il principio dello scambio di popolazioni fu poi condannato dalle Nazioni Unite.
L’illusione curda
Nei pochi anni intercorsi tra i due trattati si consumò l’illusione curda di poter avere una propria patria. Poiché il secondo trattato, autorizzando l’espulsione di minoranze dai due stati, di fatto ammetteva l’omogeneità della Turchia e della Grecia dal punto di vista etnico, lo spazio per la tutela di eventuali altre minoranze veniva del tutto a mancare, nonostante le raccomandazioni della Società delle Nazioni rivolte alla Turchia nei confronti degli armeni ancora presenti (che avevano già subito una dolorosa persecuzione) e dei pochi greci rimasti soprattutto a Istanbul. Dietro la propaganda della modernizzazione della repubblica turca guidata da Ataturk furono aboliti i privilegi riconosciuti in passato dai sultani alle diverse comunità, ma soprattutto furono aboliti i privilegi riconosciuti alle consuetudini del popolo curdo. Infine, poiché le regioni popolate dai curdi erano anche le più impervie e meno sviluppate economicamente, col tempo si comprese che l’isolamento e le condizioni di povertà erano in realtà volute da Ankara per soggiogare ulteriormente la popolazione.
Le rivolte degli anni Venti
Tra il 1919 e il 1930 esplosero ben quattro rivolte che si conclusero tutte nel peggiore dei modi. Nel 1919 nel nord dell’Irak si sollevò con lo sceicco Barzani, primo storico leader del popolo curdo; nel 1920 la rivolta si accese nel cuore dell’Anatolia, nella provincia di Sivas, e fu repressa duramente nel giugno 1921; nel febbraio 1925, sotto la guida dello sceicco Said, le agitazioni devastarono la provincia di Dyarbakir, estendendosi nuovamente al Kurdistan irakeno, e cessarono del tutto solo nel 1927. L’ultima in ordine di tempo e la più vasta si svolse nella regione del monte Ararat: dopo la sconfitta ad opera dei curdi di ingenti forze turche nel 1926, seguirono altre due fasi di scontri della quali l’ultima si concluse nel 1930. L’esercito turco, che ricorse anche a bombardamenti aerei contro i quali le popolazioni civili erano prive di difesa, provocò nel caso di Zilan, più di diecimila vittime. «La gola di Zilan – scrisse un giornale di Istanbul – trabocca di cadaveri fino alla cima. Le ali di acciaio dei turchi hanno vinto».
Fonte: https://www.remocontro.it/2019/10/12/kurdistan-patria-negata-e-i-troppi-tradimenti-al-popolo-curdo/