Il colore della nostra pelle ci guida: parlano le donne nere palestinesi

Le persone dalla pelle scura,  presenti in tutte le città della Cisgiordania, nei Territori Occupati nel 1948 e nella striscia di Gaza, sono una parte imprescindibile della società palestinese.

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Doaa Shaheen – 17 ottobre 2019

Le canzoni arabe hanno sempre elogiato le virtù delle ragazze dalla pelle scura, con migliaia di poesie che cantano le lodi del loro magico colore e forse è per questo che nelle società arabe la percezione delle ragazze dalla pelle scura differiva dallo stereotipo secondo il quale esse non si distinguono se non per avere troppa melanina nella pelle.

Le persone dalla pelle scura,  presenti in tutte le città della Cisgiordania, nei Territori Occupati nel 1948 e nella striscia di Gaza, sono una parte imprescindibile della società palestinese. La costante è il comune attaccamento al loro colore come punto di forza che rinsalda la diversità e il pluralismo, e ciò è stato consolidato dall’esempio di ragazze dalla pelle scura che sono state in grado di convertire la loro paura di essere diverse in punti di forza.

Jihan Zidan

Una fonte di ispirazione

“Um Samra” (che significa “Madre della pelle scura”) è il modo in cui Jihan Zidan, trentenne residente a Gerusalemme, è affettuosamente conosciuta. Zidan lavora come reporter per un giornale arabo.

Zidan ha detto a Raseef22: “Naturalmente il colore della mia pelle non rappresenta un ostacolo al mio avanzamento nel lavoro o nella vita in generale, ma per me è una fonte di ispirazione che mi spinge a superare tutti gli ostacoli con l’obiettivo di cambiare gli stereotipi associati alle persone con la pelle nera, stereotipi che hanno iniziato a ridimensionarsi grazie al fatto che tali persone si  sono imposte con forza e grazie ai loro ripetuti successi e al loro spirito positivo hanno raggiunto l’integrazione “.

Zidan non è imbarazzata o suscettibile nei confronti di coloro che fanno scherzosamente riferimento al colore della sua pelle. Ovunque vada, la sua presenza  non passa inosservata,sia nel corso di ricorrenze  nazionali o sociali, nonché alle conferenze a cui partecipa insieme ai suoi amici dalla pelle scura. “Sono la star del posto”, dice spesso scherzosamente.

Tuttavia, secondo Zidan, nella società palestinese la vita delle persone dalla pelle scura non è facile; spesso devono affrontare episodi di razzismo, anche se afferma che questo non è un atteggiamento generalizzato. Ad esempio, il termine “schiavi” non è più diffuso nella società, come invece accadeva in passato; Zidan sottolinea che la natura della società palestinese, che condivide le stesse rivendicazioni e sposa le stesse cause, richiede che sia unita nella solidarietà e nell’accettazione degli altri, non ultimo considerando che i palestinesi dalla pelle scura vantano una lunga tradizione di resistenza all’occupazione israeliana.

Tuttavia Zidan nota che alcune persone dalla pelle nera possono provare un senso di paura e di ansia quando passano da una fase all’altra della loro vita, come è successo a lei quando è entrata alla Birzeit University per studiare i media. Le sue preoccupazioni includevano se sarebbe stata in grado di fare amicizia o se sarebbe stata evitata come una reietta – poiché all’epoca era l’unica studentessa dalla pelle scura dell’università. Tuttavia, quando il suo primo giorno entrò in classe, le sue paure furono presto dissipate  e durante quel periodo strinse alcune delle amicizie più importanti della sua vita.

Zidan aspira a diventare la prima giornalista con la pelle nera della televisione palestinese e spera di continuare i suoi studi per conseguire un master.

Maria Miguel

Spiegare un insulto razzista

Più a nord, nella città palestinese di Haifa, l’attivista cinquantenne Maria Miguel racconta una storia diversa. Miguel è meticcia, sua madre è originaria di Haifa e suo padre della Guinea-Bissau.

Miguel è cresciuta in una casa palestinese piena d’amore di affetto e considera i suoi genitori le due persone più importanti del mondo. Fu la loro educazione, dice a Raseef22, ad aver piantato quel  seme resistente che è cresciuto rendendola ciò che è ora.

Si dice che “se vuoi distinguere una madre intelligente, devi ascoltare come spiega argomenti  delicati a suo figlio”. Questo è esattamente ciò che ha fatto la madre di Maria, spiegando le differenze dei colori della pelle dopo che la figlia di tre anni, mentre camminava per strada a fianco di suo padre, rimase  scioccata nel sentire un insulto razzista lanciato da un israeliano.

 Zidan, una giornalista dalla pelle nera nota come Umm Samra, sottolinea che la natura della società palestinese, che condivide le stesse rivendicazioni e sposa le stesse cause, richiede ci sia unità nella solidarietà per affrontare l’occupazione.

Le persone dalla pelle nera arrivarono in Palestina con l’inizio della  conquista islamica, integrandosi e diventando parte della società palestinese, con la lotta comune contro l’occupazione che unì tutte le razze.

Maria chiese a sua madre che cosa significasse  l’insulto contro suo padre, perché “è solo mio padre e non altro”. Sua madre rispose raccontandole una storia: “La volontà di Dio era di crearci con colori diversi l’uno dall’altro, proprio come accade con le varietà dei fiori, per dare alla vita uno splendore lontano dalla monotonia”. Fu allora che Maria capì il significato di avere colori di pelle diversi.

Miguel dice: “Non ho mai sofferto della mia pelle scura, anzi mi fa sentire speciale; lo devo alla mia educazione in una casa protettiva e colta. In effetti, ho sposato un brav’ uomo della città di Nazareth e ho dato alla luce mio figlio – Habib. ”

Miguel afferma che è la personalità dell’individuo a costringere la società ad accettarlo e a consentirgli di pianificare e di  intraprendere il proprio viaggio nella vita. Poiché la natura umana spesso disegna una certa immagine mentale per coloro che sembrano essere diversi, un’immagine  che varia da un individuo all’altro in base alla sua cultura e  indipendentemente dal nodo delle loro differenze.

Miguel sta crescendo suo figlio Habib nello stesso modo in cui è cresciuta in casa sua. A scuola, durante il suo primo giorno,  si è celebrata la “Giornata africana”, per insegnare ai bambini i costumi e le tradizioni africane.

Miguel conclude sorridendo: “Anche se sono grassa e ho i capelli crespi, sono in pace con me stessa e amo il mio aspetto, e anche i miei studenti mi amano, e partecipo sempre ad attività sociali che rafforzano le mie relazioni con tutti”.

Hana’a Abu Muailaq

La storia delle persone dalla pelle nera in Palestina

Secondo uno studio della Palestinian Vision Organization, le persone dalla pelle nera arrivarono in Palestina con l’inizio della conquista islamica, integrandosi e diventando parte della società palestinese. La loro presenza varia tra diverse aree e città: a Tulkarm, ad esempio, le persone dalla pelle scura formano il 70% della popolazione, così come sono un numero considerevole a sud di Hebron. Per quanto riguarda coloro che vivono a Gerusalemme, è probabile che vi siano arrivati ​​ alla fine del 19 ° secolo da quattro Paesi: Ciad, Nigeria, Sudan e Senegal – in particolare dalle tribù di Salamat, Borno, Takruri, Firawi, Husi, Borjo, Colombo e Falata.

Secondo lo studio, l’arrivo di queste tribù in Palestina  si basò sulla convinzione che il Giorno del Giudizio avrebbe avuto luogo a Gerusalemme, con molti che vi giunsero dopo aver terminato il pellegrinaggio musulmano alla Mecca (Hajj). Un altro gruppo arrivò allo scoppio della guerra israelo-palestinese del 1948.

A Gaza, le persone dalla pelle nera sono fortemente concentrate nella città di Khan Yunis, in particolare nel quartiere di al-Gharara, dove formano oltre il 70% della popolazione.

“Non trovo che la mia pelle scura sia un ostacolo, mi trucco come mi piace, indosso abiti colorati e seguo tutte le nuove tendenze dell’acconciatura.” Così sono state le parole della trentenne Hana’a Abu Muailaq, che vive a Deir al-Balah nel centro della Striscia di Gaza e lavora come allenatrice di basket per disabili.

Il colore della pelle di Abu Muailaq non costituisce un fattore che possa influenzare la sua vita, sia nel lavoro che nel fare amicizia; anzi, il modo in cui la società la guarda costituisce un’opportunità per sfidare quei tabù sociali che limitano le donne entro  un certo ruolo sociale a causa del loro colore o del loro genere – non ultimo considerando che lavora in un campo generalmente dominato dagli uomini.

Abu Muailaq dice: “Abbiamo una relazione amichevole con i nostri vicini che hanno un colore della pelle diverso, condividiamo tutte le ricorrenze, sia felici che tristi, e mangiamo con loro dallo stesso piatto. Non esagero quando dico che Gaza è molto meglio di molte società avanzate dominate dalla discriminazione razziale “.

Tuttavia, Abu Muailaq nota che a volte è soggetta a molestie da parte di alcuni settori della società – non a causa del suo colore della pelle, ma perché sfida i costumi e le tradizioni stabilite, come indossare il suo abbigliamento sportivo quando esce di casa o a causa della  sua passione per lo sport.

Alla fine, Abu Muailaq afferma che in Palestina il colore della pelle non è un ostacolo al successo,  facendo notare che ci sono molti personaggi famosi e di successo con la  pelle scura sia in Palestina che all’estero – un netto contrasto con i vecchi film cinematografici che riducevano  le persone con la pelle scura a ruoli come portieri e camerieri, o le dipingevano  in modo tale da terrorizzare lo spettatore.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

 

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