Una coalizione di gruppi, guidata da comunità locali palestinesi, ha ripristinato l’accesso alla sorgente di Ein Albeida nelle colline a sud di Hebron, 15 anni dopo che un avamposto illegale ne aveva impedito l’accesso ai palestinesi.
Oren Ziv – 3 gennaio 2020
Immagine di copertina: attivisti palestinesi prendono parte all’azione diretta per ripristinare l’accesso alla sorgente di Ein Albeida, South Hebron Hills, 3 gennaio 2020. (Oren Ziv / Activestills.org)
Kifah Adara vive a meno di due chilometri dalla sorgente di Ein Albeida nella Cisgiordania meridionale, ma non è stata in grado di visitare il sito per quasi 15 anni.
Venerdì, tuttavia, ha potuto finalmente attingervi di nuovo dell’acqua, accompagnata da oltre un centinaio di attivisti palestinesi, israeliani e internazionali, che hanno condotto un’azione diretta congiunta.
La difficoltà dei palestinesi locali ad accedere a Ein Albeida, che significa “La sorgente bianca”, iniziarono nel 2001, quando su una collina vicina venne costruito l’avamposto di Avigayil. Quando l’avamposto fu ampliato nel 2004, i residenti palestinesi furono completamente estromessi dalla zona. Ein Abeida è una delle oltre 60 sorgenti d’acqua naturali che sono state sequestrate o sono a rischio di acquisizione da parte degli insediamenti israeliani e delle autorità israeliane.
“Ero così felice oggi”, ha detto Adara, attivista che vive nella vicina città di Al-Tuwane. “Ricordo che venivo in primavera con le donne del mio villaggio per raccogliere acqua per le nostre famiglie. Viaggiavamo sugli asini, proprio come abbiamo fatto oggi, ma una volta che i coloni israeliani iniziarono a nuotare nella sorgente, non era più sicuro utilizzare l’acqua per berla.
“Per molti anni non abbiamo potuto accedere alla sorgente”, ha continuato Adara. “Spero che, attraverso il lavoro che abbiamo iniziato oggi, le persone di questa regione possano nuovamente utilizzare quest’acqua”.
Tra i gruppi che hanno preso parte all’azione di venerdì c’erano la Rural Women’s Association of the South Hebron Hills, il Good Shepherd Collective, i Youth of Sumud, il Protection and Sumud Committee, attivisti da varie comunità delle colline a sud di Hebron, il Center for Jewish Nonviolence e il collettivo All That’s Left: Anti-Occupation.
Arrivati sul posto la mattina presto, gli attivisti hanno iniziato a ripulire la zona intorno alla sorgente e a piantare ulivi. Sul retro di un cartello già esistente con la scritta “Avigayil Spring”, il nome dato al sito dai coloni, hanno affisso un cartello con il nome “Ein Albeida” in arabo e inglese. Poco dopo, i coloni hanno distrutto il nuovo cartello e abbattuto le bandiere palestinesi che erano state fissate ai lati.
Nonostante i numerosi tentativi dell’esercito israeliano e dei coloni di intimidire gli attivisti, il lavoro è continuato per tutto il giorno e alla fine la sorgente è stata riaperta con successo.
Dopo aver perso l’accesso alla sorgente, i palestinesi locali sono stati costretti ad acquistare acqua dalle cisterne, a un prezzo molto più alto di quello pagato dai coloni la cui acqua è fornita dalla più grande compagnia idrica israeliana, Mekorot.
Le comunità palestinesi che sorgono intorno alla sorgente non sono collegate alla rete elettrica e all’acquedotto. L’avamposto di Avigayil, nonostante sia illegale anche ai sensi della legge israeliana, è invece collegato a tutti i servizi di base.
“Siamo venuti qui per ripristinare l’accesso dei palestinesi a questa sorgente che hanno perso con l’avamposto illegale”, ha detto a +972 Magazine Chagit Lyssy, che ha preso parte all’azione. “L’accesso all’acqua è un’esigenza fondamentale, quindi volevamo essere solidali con loro”.
Eliana Boswell, originaria degli Stati Uniti e membro di All That Left, ha aggiunto: “Come ebrea americana cresciuta con forti legami con Israele, penso sia importante avere voce in capitolo su come Israele agisce e assicurarsi che lo Stato che parla in nome degli ebrei faccia cose allineate ai nostri valori.
“È importante parlare dell’occupazione”, ha aggiunto.
A differenza della maggior parte delle proteste e delle azioni dirette che hanno luogo in Cisgiordania, solitamente interrotte dalle forze di sicurezza israeliane, i soldati e la polizia di frontiera arrivati sul posto hanno permesso agli attivisti di continuare il loro lavoro.
La polizia inizialmente ha cercato di impedire ai membri del gruppo di piantare ulivi e li ha allontanati, ma alla fine ha ceduto. In effetti, uno degli aspetti più sorprendenti della giornata è stato il fatto che improvvisamente l’esercito sembrava disponibile a consentire ai palestinesi – accompagnati da attivisti e giornalisti israeliani e internazionali – ad accedere a una fonte dalla quale erano stati esclusi per molti anni.
Attivisti ebrei americani hanno tracciato delle connessioni tra l’occupazione e il sostegno degli Stati Uniti a Israele.
“Ciò che vediamo in America è una repressione di tutti i tipi di solidarietà”, ha affermato Elon Glickman, membro del Center for Jewish Nonviolence. “Il mio messaggio agli ebrei americani è che la liberazione degli ebrei è intrinsecamente legata alla liberazione del popolo palestinese. È importante per noi non solo opporci all’occupazione, ma svolgere questo lavoro guidati dal popolo palestinese per portare libertà e dignità a tutti in questa terra ”.
“Siamo felici di poter raggiungere la sorgente”, ha detto Basil Adara, residente nell’area e membro del Protection and Sumud Committee “È un buon inizio e speriamo di poterci tornare ancora e ancora e di iniziare a usarla regolarmente.”
Adara ha osservato che i palestinesi erano circospetti nel recarsi alla sorgente a causa della sua vicinanza alla strada, costruita senza permesso, che porta all’avamposto di Avigayil,. Nonostante la Corte Suprema abbia ordinato la rimozione della strada, questa rimane in loco, a differenza delle vicine strutture palestinesi che sono state demolite dalle autorità israeliane.
“I coloni vogliono la terra senza i suoi residenti palestinesi”, ha detto Said Raba, un residente locale. “Non appena costruiamo, le autorità israeliane si presentano, mentre nell’avamposto costruiscono indisturbati”.
“Ogni settimana abbiamo almeno un giorno di demolizioni, in queste comunità”, ha aggiunto Adara.
Tuttavia, ha riconosciuto l’importanza dell’azione di solidarietà di venerdì e della partecipazione di ebrei e israeliani alle iniziative contro l’occupazione.
“C’è stato un grande cambiamento in quest’area da quando questi attivisti hanno iniziato ad arrivare. Soprattutto aiutano a diffondere un messaggio”, ha detto Adara. “È importante mostrare al mondo che ci sono ebrei e israeliani che sono contro l’occupazione, e anche che come palestinesi non siamo contro gli ebrei, ma contro l’occupazione, gli insediamenti e il sionismo”.
Negli ultimi anni, attivisti ebrei internazionali si sono recati nelle colline del sud di Hebron per lavorare in collaborazione con persone e gruppi palestinesi locali. Due anni fa, gli attivisti ricordarono i 50 anni di occupazione stabilendo il campo di protesta denominato “Sumud”. I militari hanno svuotato il campo in modo violento in numerose occasioni, ma le famiglie palestinesi che erano tornate nel luogo dal quale erano state espulse, oggi sono ancora lì.
L’anno scorso, nella stessa zona, circa 125 persone hanno ripristinato una strada, azione che si è conclusa con l’arresto forzoso di 17 attivisti e due giornalisti da parte dell’esercito.
Nel 2019 le comunità nella zona meridionale delle colline di Hebron, hanno subito dozzine di demolizioni o confische di infrastrutture legate all’acqua. I palestinesi in Cisgiordania e Gaza ricevono livelli di acqua potabile sicura molto al di sotto degli standard internazionali. Poiché la situazione continua a peggiorare, l’attenzione e l’impegno degli attivisti locali e internazionali si sono intensificati.
Oren Ziv è fotoreporter, membro fondatore del collettivo di fotografia Activestills. Dal 2003 ha documentato una serie di questioni sociali e politiche in Israele e nei territori palestinesi occupati, con particolare attenzione alle comunità di attivisti e alle loro lotte. I suoi reportages si sono concentrati sulle proteste popolari contro il muro e gli insediamenti, sugli alloggi a prezzi accessibili e su altre questioni socio-economiche,sulle lotte contro il razzismo e sulla discriminazione e la lotta per la liberazione animale.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo,contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org