Ieri per la seconda volta lo chef italiano sostenitore dei diritti dei palestinesi è entrato in un carcere di Gaza
Michele Giorgio GAZA – 22 gennaio 2020 – Il Manifesto
«La pasta alla salsa di pomodoro e basilico per i 450 ragazzi ospiti del carcere di Al Tiba è stata un successo». Così Chef Rubio scriveva l’altro giorno raccontando l’esperienza unica che aveva vissuto cucinando per i detenuti in una delle principali prigioni della Striscia di Gaza. Esperienza fatta assieme al gruppo di giovani italiani del FreeStyle Festival entrati a Gaza, con il sostegno del Centro di scambio culturale VIK, il mese scorso per una lunga serie di attività – artistiche, sportive e culturali – con la popolazione civile palestinese e rivolte in particolare alle donne.
Chef Rubio è tornato anche ieri ad Al Tiba per mettere di nuovo a disposizione dei detenuti il suo talento e ma anche per comprendere più in profondità la realtà difficile di un carcere in un territorio palestinese, sotto embargo israeliano da una dozzina di anni, che nel mondo è conosciuto come la prigione più grande del mondo. La sua iniziativa è stata seguita da tutta la stampa locale così come dalle agenzie internazionali e tutto lascia pensare che si ripeterà nei prossimi giorni, forse in altre prigioni.
Chef Rubio insiste sul valore dello scambio culturale tra Italia e Gaza e sulla necessità di mostrare il popolo palestinese per quello che è: ricco di vita e di voglia di fare nonostante le grandi difficoltà causate dall’occupazione.
Tra le tante considerazioni, seguite da migliaia di persone in Italia, di carattere politico e sociale che da giorni diffonde sui social sulla condizione della Striscia e della sua popolazione, Chef Rubio ha emesso una “sentenza” di contenuto diverso ma non meno importante: il falafel di Gaza è il migliore del mondo, così come gli avevano annunciato i palestinesi al momento al suo ingresso nella Striscia.