di Tamara Nassar, 4 febbraio 2020
Gli stati arabi stanno intensificando la normalizzazione dei loro legami con Israele con la copertura della promozione della tolleranza religiosa e culturale.
Gli sforzi sono guidati da gruppi lobbisti israeliani, dal governo saudita e da alcune persone.
Il blogger americano Shloime Zionce, che ha definito i palestinesi “i veri aggressori”, ha fatto visita il mese scorso al blogger saudita Mohammed Saud nella sua casa di Riyadh.
Anche se Zionce ha tentato di spacciare la sua visita come una celebrazione del rispetto reciproco tra fedi, il suo vero scopo era di confondere la tolleranza religiosa con la normalizzazione dei legami arabi con Israele.
“Chi mai, solo tre anni fa, avrebbe creduto che un ebreo chassidico e un musulmano dell’Arabia Saudita potessero stare insieme, trascorrere un bel pomeriggio insieme?” dice Zionce in un video della visita che ha pubblicato.
“Sembrerebbe impossibile, ma oggi viviamo in un mondo pazzo ed è assolutamente possibile”.
L’incapacità di Zionce di immaginare l’esistenza pacifica tra musulmani ed ebrei non solo riflette la sua ignoranza della storia, ma prende in considerazione l’idea sbagliata secondo cui la violenza che deriva dall’occupazione belligerante di Israele e dalla sua colonizzazione della terra palestinese sia in realtà radicata in conflitti religiosi.
Promuovere l’idea che la lotta religiosa sia alla radice del conflitto è una comune tattica usata dai propagandisti israeliani.
Non solo oscura la realtà della sottomissione dei palestinesi da parte degli israeliani, ma serve anche come pretesto per reclutare “leader” musulmani in iniziative filo-israeliane – opposte alla società civile palestinese.
Uno sforzo importante che è venuto alla luce diversi anni fa, la Muslim Leadership Initiative, è gestito da uno dei maggiori appaltatori dell’esercito israeliano. Tale organizzazione è finanziata anche da estremisti anti-musulmani.
Tali iniziative mirano a minare la solidarietà con la Palestina ed equiparare l’armonia musulmano-ebraica al sostegno a Israele.
In realtà, il rifiuto di legami con Israele nel mondo arabo è profondamente radicato nella solidarietà con i palestinesi.
E’ difficile immaginare Zionce che “trascorreva un buon pomeriggio” con un musulmano palestinese nella Striscia di Gaza, mentre fantasticava di trasformare il territorio in “un mucchio di nuovissimi parcheggi” lo scorso novembre.
Zionce ha sostenuto il bombardamento israeliano di Gaza che in due giorni ha ucciso 34 palestinesi, quasi la metà dei quali civili, tra cui otto bambini e tre donne.
Nessun decesso israeliano è stato segnalato, a seguito del fuoco di ritorsione da parte del gruppo di resistenza della Jihad islamica, durante l’escalation che Israele aveva iniziato assassinando un comandante della Jihad islamica e sua moglie nella loro stessa casa.
La vera agenda
La vera agenda della visita era promuovere la normalizzazione con Israele.
“Mohammed, spero che un giorno tu e io andremo insieme, cammineremo per le strade di Riyadh e poi prenderemo un volo diretto per Tel Aviv”, dice Zionce nel video.
“È possibile. La pace può essere fatta”, risponde Saud.
In effetti, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha cercato voli diretti tra Tel Aviv e La Mecca, con il pretesto di facilitare il pellegrinaggio hajj per i cittadini musulmani palestinesi di Israele.
L’account Twitter di propaganda in lingua araba di Israele ha dato ampio rilievo alla visita di Zionce a Riyadh.
Zionce ha scritto un post sul blog in cui afferma di aver trascorso del tempo con un “principe saudita” mentre era a Riyad, ma non ha detto chi.
Questa non era la prima volta di Zionce in Arabia Saudita.
Anche se dice di non essere un cittadino israeliano, sembra che abbia una famiglia lì e la chiama casa.
Saud è un schietto sionista e fautore di relazioni con Israele. Twitta regolarmente a sostegno di Netanyahu.
Era uno dei sei blogger e giornalisti arabi che hanno visitato Gerusalemme occupata lo scorso luglio su invito del Ministero degli Esteri israeliano.
Saud fu cacciato dai palestinesi e dai fedeli dal complesso della moschea di al-Aqsa nella Città Vecchia di Gerusalemme quando si resero conto che era un membro della delegazione.
Gli israeliani possono visitare i sauditi?
Nel frattempo, l’Arabia Saudita ha negato un’affermazione del governo israeliano secondo la quale i titolari di passaporto israeliano possono visitare il regno.
“La nostra politica rimane la stessa”, ha detto alla CNN il ministro degli esteri saudita Faisal bin Farhan.
“Non abbiamo rapporti con lo stato di Israele e i titolari di passaporto israeliano non possono attualmente visitare il regno”.
Il Ministero degli Interni di Israele aveva annunciato alla fine del mese scorso che i cittadini israeliani avrebbero potuto viaggiare nello Stato del Golfo.
Gli israeliani possono viaggiare fino a 90 giorni per fare i pellegrinaggi di umra e hajj alla Mecca, oltre che per lavoro.
Quest’ultimo richiederà un invito da parte di un ente saudita ufficiale, aveva riferito la pubblicazione israeliana Walla.
I due Paesi non hanno legami formali, ma anni e anni di relazioni segrete si stanno ora riscaldando, fondate su una reciproca inimicizia verso l’Iran.
Altri Stati del Golfo si sono avvicinati in modo analogo ad Israele con il patrocinio saudita.
È da notare, tuttavia, che almeno un israeliano è stato in grado di visitare l’Arabia Saudita di recente.
Il giornalista Henrique Cymerman era a Jeddah il mese scorso per riferire sulla nuova politica del Paese di aprire le porte ai turisti.
L’account Twitter di propaganda in lingua araba di Israele si vantava del report fatto per i24 News da Cymerman, che però affermava di avere la doppia cittadinanza di un altro paese.
I media israeliani affermano che israeliani hanno visitato con discrezione l’Arabia Saudita per diversi anni.
“La maggior parte – sebbene non tutti – posseggono passaporti di altri paesi, ma è chiaro ai loro ospiti sauditi chi sono realmente e da dove realmente provengono”, secondo la pubblicazione israeliana Ynet.
Sforzo della lobby israeliana
Nel frattempo, l’American Jewish Committee, un importante gruppo lobbista israeliano, ha lanciato una serie di video in lingua araba “sul popolo ebraico, Israele [e] l’antisemitismo”.
AJC ha affermato che l’iniziativa è volta a “rafforzare le relazioni musulmano-ebraiche”.
Durante le commemorazioni dello scorso mese per il 75° anniversario della liberazione sovietica di Auschwitz, il Comitato ebraico americano ha organizzato quella che ha chiamato una visita “storica” di una delegazione musulmano-ebraica sul sito del campo di sterminio del governo tedesco in Polonia.
A capo della delegazione c’erano il religioso della Mecca Mohammad bin Abdulkarim al-Issa e David Harris, CEO dell’American Jewish Committee.
L’organizzazione di Al-Issa, la Muslim World League con sede in Arabia Saudita, ha firmato un accordo per lo svolgimento di attività congiunte con il gruppo lobbista israeliano.
L’accordo annuncia “l’impegno delle due istituzioni mondiali a promuovere la comprensione ebraico-musulmana e cooperare contro il razzismo e l’estremismo in tutte le sue forme”.
Ma, anche se il Comitato ebraico americano offre di sé l’immagine di chi promuove armonia interreligiosa, ha come sua importante priorità quella di difendere Israele a tutti i costi, anche se ciò significa danneggiare la lotta contro il vero bigottismo antiebraico.
L’AJC è un convinto difensore delle politiche razziste di Israele contro i palestinesi.
La sua missione principale include “la difesa di Israele” e “la sconfitta del BDS” – il movimento non violento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni per i diritti dei palestinesi.
Come parte delle sue attività anti-palestinesi globali, il gruppo di pressione promuove una definizione fuorviante di antisemitismo che combina le critiche alle politiche razziste israeliane contro i palestinesi con il fanatismo antiebraico.
L’anno scorso, AJC ha aderito alla campagna diffamatoria che accusava falsamente il membro del Congresso Ilhan Omar di antisemitismo perché aveva criticato il ruolo esagerato della lobby israeliana nella politica americana.
Omar è una delle prime due donne musulmane elette al Congresso.
Parlando della nuova iniziativa di propaganda rivolta agli arabi, il direttore delle comunicazioni di AJC, Avi Mayer, ha dichiarato al Times of Israel che Israele è “parte della conversazione”, ma non la parte rilevante.
Mayer è una figura di spicco negli sforzi di propaganda internazionale di Israele.
In precedenza ha lavorato come direttore dei social media per la Jewish Agency, un’organizzazione sostenuta dal governo israeliano che è stata profondamente coinvolta nella pulizia etnica dei palestinesi e nella colonizzazione della loro terra.
Mentre lavorava per l’agenzia ebraica nel 2014, Mayer ha partecipato a una manifestazione a Gerusalemme dove estremisti anti-palestinesi hanno cantato “Morte agli arabi”.
Il Times of Israel ha paragonato la nuova iniziativa di propaganda in lingua araba dell’AJC a “altri sforzi simili propagati dal governo israeliano”, tra cui COGAT – il braccio burocratico dell’occupazione militare israeliana – il Ministero degli Esteri israeliano e il gruppo di lobby di estrema destra StandWithUs.
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org