È facile immaginare cosa provassero i palestinesi, in particolare a Gaza, alla vista del corpo penzolante di Al-Naim: prova a immaginare il corpo di un soldato israeliano appeso fuori da un bulldozer in piena vista.
Di Gideon Levy – 27 febbraio 2020
Cosa avranno provato le persone sostenitrici del regime israeliano, vedendo le immagini di un bulldozer dell’esercito israeliano scavare nel terreno a Gaza e raccogliere il corpo di un uomo come se fosse stata rimossa una carcassa di animale a causa della puzza? Quali erano i sentimenti della famiglia Goldin, il cui corpo del figlio, soldato israeliano, è detenuto a Gaza, e che sono considerevolmente responsabili di questo spettacolo, di fronte a questa profanazione di morti? Hanno provato soddisfazione? Un senso di vendetta? Pensavano che il ritorno del corpo del figlio fosse più vicino, anche solo un po’, alla luce di questa scena?
E quali erano i pensieri del ministro della Difesa Naftali Bennett, che ha fissato questa politica di sequestro dei corpi? Era orgoglioso dei soldati israeliani che eseguivano il suo ordine? Sarebbe contento di avere la nuova dottrina che prende il suo nome, una dottrina che coinvolge il traffico di corpi, la sua unica eredità?
E cosa pensano il capo di stato maggiore dell’esercito, il comandante del comando meridionale e il comandante dell’unità? Erano anch’essi entusiasti di queste scene? È quella la loro foto della vittoria? La loro eredità di combattimento?
E l’operatore del bulldozer? Cosa dirà quando tornerà dalla sua famiglia? Che ha rapito un corpo? Che era il suo lavoro? Cosa dirà ai suoi figli un giorno? Che questo è quello che ha fatto papà nell’esercito? Che ha scavato e rapito corpi umani?
Qualcuno ha persino ricordato che erano corpi umani? Un membro della Jihad islamica ma una persona. Una persona che poco tempo prima era viva e combattiva, sì, combattendo, contro l’assedio crudele della sua casa, una persona con sogni, piani e onore. E un nome: Mohammed Ali al-Naim, 27 anni, e con una moglie, Hiba e un neonato. E con una madre, Mirwat, che ora sta piangendo la morte di suo figlio.
Il bulldozer ha calpestato tutto. L’esercito israeliano afferma che Al-Naim ha lanciato una carica esplosiva vicino al recinto di confine che imprigiona la sua terra, un atto che non ha nulla a che fare con il terrorismo e che, ovviamente, si è condannato a morte. Ma non era abbastanza. Ora c’è anche una brama di corpi. Il ministro della difesa si è persino vantato: “È così che deve essere, ed è quello che è stato fatto”.
Nel 1956, non lontano dal sito del bulldozer del 2020, Moshe Dayan pronunciò un elogio alla tomba di Ro’i Rotberg a Nahal Oz, in cui disse: “Non diamo la colpa agli assassini oggi. Perché dovremmo dichiarare il loro feroce odio per noi? Sono stati seduti nei campi profughi per otto anni a Gaza e, davanti ai loro occhi, stiamo trasformando la terra e i villaggi in cui vivevano, loro e i loro antenati, nella nostra eredità”.
Tornando al discorso del leader del rapimento militare Bennett: “Siamo stufi delle critiche ipocrite della sinistra contro la “mancanza di umanità” nell’usare un bulldozer per ottenere il corpo di un terrorista”. Qui in breve abbiamo la storia della bestializzazione, dell’insensibilità, del male, della corruzione e del marciume dell’occupazione.
È facile immaginare cosa provassero i palestinesi, in particolare a Gaza, alla vista del corpo penzolante di Al-Naim: prova a immaginare il corpo di un soldato israeliano appeso fuori da un bulldozer in piena vista. Ascolta le urla dei giovani che si sono radunati e hanno rischiato la vita di fronte al fuoco delle armi dell’esercito israeliano e a un carro armato minaccioso nel disperato tentativo di salvare il corpo del loro amico e l’onore del popolo palestinese.
La profanazione del martire ha portato anche ad altri due giorni di scontri e orrori nel sud: masse di persone nei rifugi sul lato israeliano, centinaia di migliaia di residenti di Gaza la cui terra fu nuovamente scossa dalle esplosioni, e tutto questo per soddisfare un ministro della difesa nazionalista che sta cercando di placare la sua base politica assetata di sangue e la famiglia Goldin, che appartiene a quella base.
Henry Kissinger una volta disse che Israele non ha una politica estera, ma solo una politica interna. Ora arriva Bennett e dimostra che la politica di difesa è a volte solo politica interna.
Guai alla base politica che è soddisfatta dal rapimento di corpi. E guai a essere la famiglia in lutto che spinge senza ritegno per l’assedio di Gaza, fintanto che il corpo della persona amata non viene restituito.
I residenti delle comunità israeliane vicino al confine di Gaza e i residenti di Gaza hanno sofferto ancora un’altra settimana per il capriccio di un politico spregevole. Apparentemente gli israeliani sono pronti a pagare qualsiasi prezzo: il fatto è che quasi nessuno ha protestato. E nessuno ha fatto una lecita richiesta per restituire immediatamente il corpo di Al-Naim, dicendo di non voler essere associati a un paese che rapisce e traffica corpi.
Trad. beniamino benjio rocchetto