I volontari che gestiscono le “barriere dell’amore” sperano di fermare il focolaio nella Cisgiordania occupata.
The New Arab – 7 aprile 2020
Immagine di copertina: Israele impedisce alla polizia palestinese di accedere alle aree rurali [AFP]
Ordinari cittadini palestinesi hanno istituito checkpoint Covid-19 in quelle aree rurali della Cisgiordania occupata che la polizia palestinese non è in grado di raggiungere a causa delle restrizioni israeliane.
L’avvocato Moayad Samha è una delle decine di civili schierati lungo le strade rurali per imporre i controlli e prevenire la diffusione del nuovo coronavirus.
Alcuni temono che i posti di blocco civili provocheranno del risentimento tra i palestinesi, poiché i villaggi senza casi Covid-19 impediscono l’ingresso a quei residenti provenienti da zone in cui si registra un focolaio.
Ma Samha ha detto all’AFP che lui e gli altri che stanno facendo il monitoraggio delle strade, si stanno adoperando per proteggere l’intera Cisgiordania da un’epidemia su vasta scala.
“Stiamo cercando di rilevare quanto più possibile il virus con i nostri mezzi limitati”, ha detto Samha al checkpoint del suo villaggio natale di Ein Yabroud.
A seguito degli accordi di Oslo con Israele firmati negli anni ’90, l’Autorità Palestinese controlla le principali città della Cisgiordania, ma l’esercito israeliano controlla il 60 percento del territorio.
La polizia palestinese non può entrare in molti villaggi rurali senza prima coordinarsi con gli israeliani, che possono rifiutare il permesso.
Le restrizioni israeliane e la carenza cronica di liquidità del governo palestinese hanno ostacolato gli sforzi per contenere un potenziale focolaio di coronavirus.
Quindi la polizia palestinese ha invitato i volontari a dare una mano.
Il ministero degli interni palestinese ha approvato il programma, definendolo come la chiave negli sforzi di contenimento.
‘Barriera dell’amore’
La Cisgiordania, rimasta quasi completamente chiusa per settimane, ha confermato 250 casi Covid-19.
Ein Yabroud non ha casi confermati ma il villaggio di Dayr Jarir, a circa 1,5 chilometri (un miglio) a est, ha diversi pazienti affetti da coronavirus.
Gli autisti che si sono avvicinati al checkpoint di Ein Yabroud lunedì sono stati tutti fermati.
Samha dice a chiunque abbia una temperatura elevata di trattenere il respiro per 10-15 secondi, nel tentativo di vedere se tossiscono o hanno difficoltà respiratorie.
Se qualcuno presenta possibili sintomi di Covid-19, Samha chiama i funzionari della vicina Ramallah per sottoporlo al tampone.
Altri volontari verificano gli ID dei viaggiatori per determinarne il luogo di origine.
Le persone provenienti da città in cui sono stati confermati molti casi di Covid, vengono respinte.
Mohammed Hawih, che si occupa dei checkpoint del villaggio, ha detto all’AFP che le procedure differiscono a seconda della persona.
“I residenti di alcuni luoghi sono autorizzati a fermarsi nel villaggio per fare acquisti, mentre quelli di altre città e villaggi non lo sono”, ha detto.
Ma ha sottolineato che il checkpoint di Ein Yabroud è chiamato “barriera dell’amore” ed è stato progettato per la protezione di tutti.
I lavoratori tornano a casa
Hawih e altri hanno affermato che i posti di blocco civili sono stati una risposta a persistenti nuove infezioni in piccoli villaggi e in campi profughi lontani dalle principali città palestinesi.
I volontari delle diverse località comunicano tramite l’app Zello, che funziona come un walkie-talkie.
Alcuni villaggi hanno persino prodotto uniformi per i loro protettori civili, come gli addetti al checkpoint di Dura al-Qara, adiacente a Ein Yabrud, che indossano abiti gialli con stampato il nome del consiglio del villaggio.
Al checkpoint di Ein Yabroud, la priorità è impedire all’esercito israeliano di entrare nel villaggio durante pattugliamenti o raid.
Ci sono più di 9.000 casi confermati di Covid-19 in Israele e i palestinesi temono che le truppe israeliane possano causare ulteriori infezioni in Cisgiordania.
Hawih ha affermato di aver costretto i soldati a tornare indietro bloccando il loro percorso in diverse occasioni.
Sono aumentate anche le preoccupazioni per un possibile aumento dei contagi causati dalle migliaia di palestinesi che lavorano in Israele e che sono stati mandati a casa.
Quando lunedì un camion è arrivato a Dura al-Qara, al conducente è stato detto di aprire i portelloni posteriori. Prima che gli fosse permesso di passare sono stati controllati il suo documento d’identità e la provenienza.
Lo staff del checkpoint ha dichiarato di essere alla ricerca di chiunque cerchi di entrare nel villaggio senza entrare in quarantena obbligatoria dopo essere tornato da Israele
Abdul Rahman Hussein, un funzionario al checkpoint, ha detto che cercare rimpatriati da Israele è un dovere civico.
“I nostri fratelli del governo centrale non possono raggiungerci in quest’area, ma se c’è qualcosa di urgente arrivano”.
Finora, ha detto, lavorando con altri posti di blocco locali nel cercare di evitare la quarantena, “abbiamo intercettato quattro malati”.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org