Condanniamo pure gli Israeliani per la loro indifferenza, la loro insensibilità, la loro crudeltà verso uomini e animali. Ma non riteniamoci assolti.
Palestinian Animal League Solidarity –Italy – 20 aprile 2020
Immagine di copertina: “At the end of the road” (Pen-Tacular-Artist)
All’interno del suo articolo, a proposito delle terribili sofferenze a cui sono sottoposti i maiali all’interno di un allevamento del Kibbutz Lahav, Gideon Levy scrive:
“ La maggior parte dei consumatori di carne non è consapevole di ciò che sta accadendo nel settore che gli porta in tavola la bistecca. Il peggio non è come e dove vivono gli animali, ma piuttosto la sofferenza che accompagna la loro breve esistenza, che dovrebbero sconvolgere chiunque abbia una coscienza. La tortura metodica, dal momento in cui nascono fino alla loro macellazione, è il crimine. La morte è in realtà il momento meno atroce della loro vita, forse l’unico”.
Israele invece è sorda a queste sofferenze, non vuole ascoltare le urla di dolore degli animali, esattamente come non vuole vedere le sofferenze dei palestinesi nè vuole ascoltare le loro grida. Eppure queste urla avrebbero dovuto lacerare la coscienza morale dei precursori socialisti del Kibbutz Lahav.
Ebbene, pur comprendendo il senso che Levy vuole dare all’articolo, ovvero il fatto che Israele sia cieca e sorda alle sofferenze dei palestinesi tanto quanto lo è a quelle degli animali e non si faccia scrupoli nel sottoporre gli uni e gli altri a prigionia e tortura, ci domandiamo: perchè deve stupirci o indignarci questa indifferenza e questa crudeltà degli israeliani verso gli animali se è ciò che normalmente accade anche in Italia (e nel resto del mondo)?
- Quanti di noi possono davvero dire di non essere consapevoli di ciò che accade all’interno degli allevamenti intensivi, grazie alle numerose inchieste sotto copertura pubblicate sui social, presentate in televisione in programmi d’inchiesta, dettagliate in libri ed articoli?
- Quanti di noi ignorano che pratiche come la castrazione e il taglio della coda dei suinetti sono pratiche assolutamente legali, e legalmente effettuate senza anestesia?
- Quanti di noi hanno rinunciato a consumare prodotti animali una volta che hanno visto queste terrificanti immagini o approfondito la tematica delle varie modalità dello sfruttamento animale (o forse hanno preferito chiudere gli occhi e non sapere, perché “no, non riesco a guardare e non voglio sapere”)?
Nessuno, come scrive Levy, vorrebbe abitare accanto ai mattatoi, e per quale motivo se non per il fatto che sopportare le urla di dolore di esseri torturati e uccisi metterebbe forse in discussione quelle abitudini a cui non vogliamo rinunciare, e per mantenere le quali siamo pront* a mettere in campo innumerevoli argomentazioni?
“Se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani” scriveva Tolstoj.
Forse che chi consuma prodotti animali, italiano o israeliano, non è meno impermeabile dell’altro alle urla degli animali torturati e uccisi, udibili o meno, non è meno indifferente dell’altro alla sorte di migliaia di esseri senzienti allevati e uccisi per usi ed “esigenze” esclusivamente umane?
Ovviamente condividiamo il senso dell’articolo e ne comprendiamo il parallelismo, ma così come siamo sempre stati attent* a denunciare ogni forma di veganwashing attuata da Israele, e come abbiamo sempre stigmatizzato e condannato l’uso offensivo del termine vegan applicato al loro esercito (visto che decidere di sposare la filosofia vegan va ben oltre l’adottare una specifica alimentazione) crediamo che, per noi lettori italiani, in questo caso sia troppo facile puntare il dito verso gli israeliani ignorando che nello sfruttamento e nell’uccisione degli animali non siamo diversi da loro.
Levy scrive ancora: “ È impossibile essere umani e tacere di fronte alla tortura degli animali, così come è impossibile combattere per i diritti umani e restare in silenzio mentre gli esseri umani vengono torturati.” Permetteteci un’aggiunta: “E’impossibile combattere per i diritti umani e restare in silenzio mentre gli esseri umani e GLI ALTRI ANIMALI vengono torturati.”
Palestinian Animal League è una realtà nata in Palestina e che opera in Palestina, e come tale vive quotidianamente sulla propria pelle il peso e la violenza dell’occupazione sionista. Quotidianamente deve confrontarsi con soprusi, violenza, ingiustizia, dolore e morte.
Ingiustizia, dolore e morte di TUTTI i suoi abitanti.
Siamo nat* con l’obiettivo di creare un terreno di lotte intersezionali per la liberazione umana e animale dall’oppressione colonialista, dalla violenza sionista, dalla repressione militare e dalla devastazione ambientale.
Vogliamo “diritti e giustizia per tutti i palestinesi, indipendentemente dalla specie”.
Quindi così come fermamente crediamo che la liberazione animale non possa essere separata dall’anticolonialismo e dalla solidarietà per tutti gli oppressi, ugualmente siamo convinti che non può esserci una lotta per la giustizia e per i diritti che escluda la giustizia e i diritti per gli altri animali.
Neppure per loro vogliamo restare in silenzio.
E’ in forza di questa nostra lotta e di questo nostro impegno, entrambi vissuti sul campo, che esortiamo chi lotta e si impegna per la liberazione e i diritti degli animali umani, ad allargare lo sguardo e la mente e a comprendere finalmente che le dinamiche di potere , di oppressione e di violenza hanno una matrice comune, e che non si può continuare a lottare per gli uni continuando a sfruttare gli altri.
Condanniamo pure gli Israeliani per la loro indifferenza, la loro insensibilità, la loro crudeltà verso uomini e animali.
Ma non riteniamoci assolti.