Voglio continuare a dipingere la Palestina e l’oppressione del popolo palestinese sotto occupazione. I miei dipinti manterranno l’impegno nei confronti del mio popolo e chiederanno diritti umani per i palestinesi.
Fonte: English version
Apoorva Gautam – 15 maggio
Immagine di copertina: Malak Mattar (per gentile concessione di UNWRA)
Nel 1948, almeno 800.000 palestinesi si trasformarono in rifugiati. Le forze sioniste occuparono più del 78 percento della Palestina storica, distruggendo e svuotando circa 530 tra villaggi e città e uccidendo circa 15.000 palestinesi in una serie di massacri, oltre 70.
Ogni anno, il 15 maggio, i palestinesi ricordano il giorno della Nakba, o catastrofe. Per commemorare la 72a Nakba, abbiamo parlato con un’artista palestinese rifugiata della Striscia di Gaza, Malak Mattar. Conosciuta per i suoi dipinti di donne dai volti espressivi e per i suoi disegni astratti, Malak iniziò a dipingere per fuggire al terrore e alla paura di morire durante l’attacco militare israeliano alla Striscia di Gaza nel 2014.
In questa conversazione con Apoorva, parla del suo percorso come artista, di come attraverso la sua arte ha voluto dare spazio alle donne di Gaza, della lotta per i diritti umani di base come rifugiata palestinese, della speranza di tornare nel suo villaggio ancestrale e di molto altro.
Apoorva Gautam (AG): Ho letto in una delle tue interviste che il tuo viaggio artistico è iniziato durante il massacro del 2014, quando iniziasti a dipingere per riuscire ad affrontare la situazione. Potresti parlarci di quei primi anni, del tuo viaggio nel campo dell’arte e dell’accoglienza che le tue opere hanno avuto?
Malak Mattar (MM): Ho iniziato a dipingere durante l’attacco alla Striscia di Gaza del 2014 ed era la terza guerra a cui assistevo nella Striscia. Mio zio è un artista, quindi avevo qualche esperienza artistica. Avevo gli acquerelli ricevuti in regalo dalla mia scuola e decisi di disegnare per sfuggire al terrore e alla paura di morire. Un anno dopo, realizzai la mia prima mostra personale nella Striscia.
AG: Il tuo lavoro mostra una formidabile presenza di donne. Adoro ciò che hai detto in un’intervista: “Cerco di dipingere uomini, ma ogni volta che lo faccio si trasformano in donne”. Cosa modella la tua particolare espressività femminista? Consideri la tua arte come uno spazio per le donne di Gaza?
MM: Il motivo per cui tutte le donne lottano è lo stesso: la disuguaglianza. Nella Striscia di Gaza, lottavo per affermare me stessa e la mia arte e allo stesso tempo cercavo di raggiungere i miei obiettivi. Sono stata ispirata da mia madre, una donna dalla mentalità aperta che lavora duramente . Vedendo le donne che venivano uccise in nome dell’onore, mi sono sentita in dovere di impegnarmi a rappresentare la lotta delle donne che vivono in Medio Oriente. I miei dipinti di donne mettono in risalto contemporaneamente la loro forza e le loro lotte.
AG: In quale direzione vuoi indirizzare la tua arte, nei prossimi anni? Ho letto che Pablo Picasso è stato un’ispirazione per te, puoi dirci di più?
MM: Voglio continuare a dipingere la Palestina e l’oppressione del popolo palestinese sotto occupazione. I miei dipinti manterranno l’impegno nei confronti del mio popolo e chiederanno diritti umani per i palestinesi. Pablo Picasso è sempre stato un’ispirazione per me,perché sento che le nostre caratteristiche sono simili in termini di personalità e anche nel coraggio di dipingere e di sperimentare.
AG: La situazione a Gaza, sotto un assedio di 13 anni imposto da Israele, è ora peggiorata a causa della minaccia del coronavirus. Israele, nel far rispettare questo blocco, ha distrutto il sistema sanitario di Gaza. Come stanno affrontando il covid19 le persone e cosa dovrebbe fare il movimento di solidarietà globale per porre fine a questo brutale assedio?
MM: In uno dei miei dipinti sul coronavirus, ho disegnato una donna palestinese con una mascherina che diceva: “Caro mondo, come va il blocco? – Gaza”
Ho vissuto lunghi anni sotto assedio senza essere in grado di muovermi o di visitare altre città palestinesi, per non menzionare poi i blocchi durante le guerre e le escalation di violenza. Sfortunatamente Israele non sta fornendo abbastanza kit per testare i palestinesi che arrivano nella Striscia di Gaza. Non abbiamo idea di quanti hanno il coronavirus e se possono infettare gli altri o meno.
AG: Le famiglie dei tuoi genitori sono venute a Gaza in fuga dalla violenza sionista durante la Nakba. Nella maggior parte dei dibattiti i diritti dei rifugiati palestinesi non trovano particolare attenzione, ma sul campo il diritto al ritorno è molto vivo e questo è il tema della Grande Marcia del Ritorno. Puoi dirci come i giovani Gazawi come te percepiscono questo diritto?
MM: I miei nonni erano giovani quando ha avuto luogo la Nakba e tuttavia sono stati in grado di raccontare tutto ciò che è accaduto loro: le torture, le false promesse, il non avere un rifugio. I miei nonni avevano portato le chiavi della loro casa con sé. Per tutta la loro vita hanno sperato di poterci tornare, fino a quando sono mancati.
Noi giovani portiamo con noi le storie dei nostri nonni. Lottiamo ancora per il nostro diritto al ritorno. Che la marcia iniziata nel 2018 abbia ancora luogo ogni venerdì è un esempio di come combatteremo sempre e non rinunceremo mai ai nostri diritti fondamentali.
AG: Attualmente stai studiando in Turchia e hai anche viaggiato in altri Paesi. Come è stata questa esperienza di vita fuori da Gaza? Hai ancora la speranza di tornare a Gaza?
MM: Mi piacerebbe tornare a Gaza e ovviamente lo farò. Avendo viaggiato in molti Paesi, credo che noi attivisti palestinesi abbiamo davanti ancora una lunga strada per informare le persone sulla Palestina. Sfortunatamente, così tanti sono stati sottoposti al lavaggio del cervello da parte dei media che si continua ad affermare che : “Israele è uno stato democratico e i palestinesi sono terroristi”.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org