Il provvedimento, elogiato dagli attivisti, non ha però fermato il flusso di lavoratrici etiopi abbandonate dai datori di lavoro fuori dal loro consolato.
Fonte:English Version
Timour Azhari – 4 giugno 2020
Immagine di copertina: Il Ministero del Lavoro ha dichiarato che effettuerà un’indagine e che perseguirà tutti i datori di lavoro che hanno commesso violazioni .[Hassan Ammar / AP]
Beirut, Libano – In Libano decine di lavoratrici domestiche etiopi hanno trovato rifugio dopo essere state abbandonate dai loro datori di lavoro e aver trascorso molti giorni fuori dal consolato etiope senza aver ottenuto il permesso di entrare.
I video diffusi su Twitter mercoledì hanno mostrato dozzine di donne che occupavano il marciapiede fuori dall’edificio a sud-est di Beirut, sedute accanto alle valigie con tutti i loro averi.
La peggiore di sempre, l’attuale crisi economica ha colpito duramente migliaia di libanesi, alcuni dei quali non possono più permettersi di pagare le proprie lavoratrici domestiche. Molte di queste lavoratrici sono state depositate fuori dal consolato dai loro datori di lavoro, o sono state semplicemente buttate in strada e vi sono arrivate da sole, dormendo vicino all’ingresso del consolato o in un parco vicino.
Nonostante i ripetuti tentativi, non è stato possibile raggiungere il personale del consolato per avere un loro commento. Mercoledì in tarda sera, il ministro del lavoro Lamia Yammine ha annunciato che le donne sarebbero state ospitate in un hotel. Dopo avervi trascorso una notte, sono state testate per COVID-19 e trasferite in un rifugio gestito dalla Caritas, ha detto ad Al Jazeera un consigliere di Yammine.
Le lavoratrici domestiche in Libano sono assunte con il noto sistema chiamato “kafala”, che vincola la loro residenza legale a un datore di lavoro e non consente loro di modificare o terminare il contratto di lavoro senza permesso.
Il sistema, utilizzato in numerosi paesi del Medio Oriente, facilita abusi diffusi e un rapporto con il datore di lavoro che è stato paragonato a una odierna schiavitù.
Il ministero del Lavoro ha dichiarato che avrebbe condotto un’indagine e perseguito tutti i datori di lavoro che hanno commesso violazioni.
Ma il problema non mostra alcun segno di risoluzione. Per tutto il giovedì, altre donne sono state abbandonate fuori dal consolato, con più di una dozzina sedute sul marciapiede già a mezzogiorno.
“Il mio datore di lavoro mi ha lasciato qui e se ne è andato”, ha detto una lavoratrice etiope al canale di notizie locale LBCI. “Non mi hanno pagato per un mese. Ho detto loro che volevo partire, ma mi hanno detto che non avevano soldi per il biglietto. Mi hanno detto: se vuoi, lavora gratis. Altrimenti , vai dove vuoi. Alla fine, mi hanno portato qui e mi hanno abbandonato. ”
“Sono state scaricate qui come spazzatura”, ha detto un’altra donna, indicando le donne che fiancheggiano il marciapiede.
Responsabilità necessaria
Numerosi Stati, tra cui Etiopia e Filippine, hanno organizzato rimpatri di lavoratrici migranti i cui posti di lavoro in Libano sono diventati insostenibili a causa del deprezzamento della valuta locale, che dalla scorsa estate ha perso il 60% circa di valore rispetto al dollaro USA.
La maggior parte di queste lavoratrici invia rimesse a casa in dollari USA, ma viene pagata in valuta locale e ha quindi perso gran parte del valore dei propri guadagni.
Dozzine di lavoratrici domestiche etiopi si radunano fuori dal consolato etiope, alcune s’informano sui voli verso casa, altre sono restate bloccate dopo essere state abbandonate dai datori di lavoro che affermavano di non poterle più pagare .
Sebbene il ministero del lavoro affermi di aver contattato le ambasciate e la principale agenzia di sicurezza del Paese per facilitare i rimpatri, gli sforzi per rimpatriarle sono stati resi più difficili dal lockdown causato dalla pandemia di coronavirus, che ha visto chiudere l’unico aeroporto civile.
Più di 7000 lavoratrici migranti del Bangladesh hanno chiesto il rimpatrio, mentre le ambasciate delle Filippine e dell’Etiopia hanno rimpatriato rispettivamente centinaia di persone.
Human Rights Watch, un gruppo per i diritti con sede a New York, ha chiesto agli Stati di creare meccanismi in base ai quali le lavoratrici i migranti rimpatriate possano chiedere riparazione per le violazioni del contratto di lavoro e dei diritti umani, e recuperare stipendi e indennità che non sono stati loro corrisposti.
Diala Haidar, attivista libanese per Amnesty International, ha detto ad Al Jazeera che la decisione del ministero del lavoro di fornire rifugio alle migranti è “positiva”, ma dovrebbe “garantire che queste lavoratrici ottengano i loro stipendi non pagati e che i datori di lavoro siano ritenuti responsabili di ciò che hanno fatto”.
Si stima che circa 250.000 lavoratrici domestiche migranti risiedano in Libano, anche se è difficile ottenere dati precisi poiché molte lavorano senza l’ adeguata documentazione.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org