Un atto di accusa contro il governo libanese e la sua negligenza per la devastante esplosione di Beirut.
Fonte: English Version
Karim Traboulsi – 5 agosto 2020
Immagine di copertina: oltre 100 persone sono morte a causa dell’esplosione [Getty]
Sappiamo esattamente cosa ha causato l’esplosione apocalittica al porto di Beirut martedì.
Molti hanno ipotizzato che si trattasse di un attentato israeliano contro un deposito segreto di armi di Hezbollah, sebbene sia Israele che Hezbollah lo abbiano negato. Alcuni hanno affermato che si è trattato di un incidente che ha coinvolto propellenti missilistici balistici altamente esplosivi appartenenti a Hezbollah. Ma al termine della giornata di martedì, la teoria più probabile era che l’esplosione fosse stata causata da un incendio, accidentale o di altro tipo, che si era poi esteso alle migliaia di tonnellate di nitrato di ammonio immagazzinate nel porto.
Il nitrato di ammonio, di solito un componente usato nei fertilizzanti, diventa altamente esplosivo in alcune condizioni, ed è stato usato in bombe come quella fatta esplodere nell’attacco terroristico di Oklahoma City nel 1995.
Ma nessuno di questi è di per sé la vera causa di ciò che è accaduto. No, la causa è la criminale negligenza del governo e la sua corruzione.
Tutti in Libano sanno da molto che era solo questione di tempo prima che questa negligenza e corruzione, nozioni concettualmente astratte che sono la somma totale delle infrazioni metastatiche esistenti in tutti gli organi dello stato libanese, si fondessero in un’unica, concreta, letteralmente mostruosa esplosione.
Era solo una questione di tempo, secondo la gente, prima che un grande cataclisma visitasse la loro piccola terra natale, così poco meritevole di tutte le calamità artificiali inflitte alla sua gente.
Molti libanesi avrebbero potuto aspettarsi un grave terremoto che avrebbe ucciso centinaia di persone e raso al suolo intere città a causa di infrastrutture a lungo trascurate, regole di costruzione inesistenti e funzionari di pianificazione urbana corrotti, tutti sostenuti dalla classe dirigente priva di moralità al potere dalla fine della guerra civile del 1990.
Molti avrebbero potuto aspettarsi che le strutture di stoccaggio del carburante, incorporate nelle aree residenziali di proprietà di cartelli politicamente collegati, si sarebbero incendiate e avrebbero bruciato intere città.
Molti avrebbero potuto aspettarsi un disastro aereo in Libano, con le discariche di rifiuti posizionate in modo criminale in prossimità dell’unico aeroporto del Paese,vero invito per gli uccelli, che possono essere risucchiati dai motori degli aerei.
Altri addirittura avrebbero potuto cinicamente aspettarsi che un enorme sciopero avrebbe svelato ciò che è rimasto del Libano, uno stato fatto fallire da chi ha governato ad ogni livello e in ogni legislatura.
Tutto questo per non parlare delle quotidiane minacce israeliane di riportare il Libano all’età della pietra nel caso in cui Hezbollah attacchi i beni israeliani, anche se Hezbollah rimane un’entità profondamente divisiva le cui azioni, specialmente intervenendo a fianco del regime di Bashar al-Assad e condividendo l’agenda straniera iraniana, molti, se non la maggior parte dei libanesi, non supportano.
Se le notizie sono vere, il colpevole “nitrato di ammonio” era stato immagazzinato nel porto di Beirut per anni. A parte il modo sospetto in cui il pericoloso composto ha raggiunto Beirut, è stato immagazzinato senza disposizioni di sicurezza accanto non solo alle abitazioni residenziali e commerciali della città che impiegano decine di migliaia di persone, ma anche vicino ai principali silos di grano del Paese e ai magazzini con le forniture mediche, ora più vitali che mai con la pandemia di Covid-19, e accanto a inestimabili siti del patrimonio artistico e culturale.
Tipico dei funzionari libanesi, coinvolti tutti, dai gestori del porto e dal direttore delle dogane libanesi, un uomo da lungo tempo accusato di corruzione, all’attuale Ministro dei Lavori Pubblici e dei Trasporti, al Primo Ministro, fino all’ignaro Capo di Stato, stanno deviando la colpa, spostandola su altre figure misteriose e senza nome. Finora nessun funzionario ha mostrato umiltà o espresso scuse per la perdita massiccia e irreversibile di vite umane e di proprietà, per la distruzione evitabile di una capitale.
In verità, nessuno nella classe dirigente libanese è mai responsabile dei propri crimini. In effetti, anche in tempi di cataclismi, continuano a restare sulle loro posizioni. Mentre vengono scritte queste parole, la classe dirigente libanese, in particolare l’aspirante presidente del Paese Gebran Bassil, genero del presidente Michel Aoun, e i suoi alleati in Hezbollah, continua a insistere per costruire una catastrofica mega diga a Bisri, a sud-est di Beirut.
Non solo la diga finanziata dalla Banca Mondiale è giudicata inutile nella maggior parte delle relazioni effettuate dagli esperti, così come il suo solo scopo è quello di arricchire gli appaltatori politicamente collegati, ma avrebbe anche un effetto catastrofico sulla regione e verrebbe costruita vicino alle principali faglie sismicamente attive. Se cedesse, e se mai fosse riempita, inonderebbe e distruggerebbe dozzine di villaggi.
I libanesi sanno tutto questo. A parte la tristezza, il dolore e la preoccupazione, coloro che sono sopravvissuti all’esplosione e che sono stati presenti sui media nelle ultime 24 ore, hanno espresso rabbia e determinazione, giurando di riprendere la rivolta in stallo per sbarazzarsi dell’intera classe dominante. I libanesi non hanno problemi nel sapere di chi è la colpa di questo e di molti altri disastri prevedibili. Quando l’ex Primo Ministro Saad Hariri, ora all’opposizione, si è precipitato mercoledì mattina sul luogo dell’esplosione per capitalizzare politicamente la tragedia, il suo convoglio è stato preso d’assalto da manifestanti arrabbiati.
Poco prima della rivolta del 17 ottobre, gli incendi boschivi su scala biblica che hanno colpito il Libano, hanno messo in luce lo stesso tipo di corruzione e negligenza, con gli elicotteri antincendio da milioni di dollari lasciati per anni senza manutenzione e che quindi non potevano essere dispiegati e gli equipaggi della difesa civile sottofinanziati per anni incapaci di intervenire efficacemente. In effetti, in questo momento, è la Croce Rossa Libanese basata su volontari a guidare la risposta all’esplosione del porto, insieme agli equipaggi della protezione civile sottopagati e carenti di personale, molti dei quali sono morti nell’incidente.
Gli incendi del 2019 sono stati tra i principali fattori scatenanti della rivolta, come ha dimostrato The New Arab l’anno scorso. Ogni due settimane c’è uno scandalo simile in Libano, che riguarda frodi finanziarie sponsorizzate dal governo, carburante per le centrali elettriche, carne avariata che può essere venduta sul mercato, aumento dei prezzi, cattiva gestione dei rifiuti, inquinamento da acque tossiche, sicurezza stradale e, più recentemente , gestione errata della risposta al Covid-19. Tutti questi fatti coinvolgono attori politicamente connessi, i cui nomi sono noti a tutti i libanesi. Ma questa esplosione è la madre di tutti gli scandali.
Beirut ora è in rovina. I nostri colleghi negli uffici danneggiati del New Arab a Beirut e i nostri collaboratori e lettori in Libano si stanno leccando le ferite e stanno piangendo le proprie perdite, il futuro del loro Paese quasi scomparso.
Ma mentre noi e il mondo intero ci uniamo in uno sforzo di sostegno e di aiuti, dobbiamo ricordare la necessità di andare oltre la solidarietà umanitaria e aiutare a sostenere principi come responsabilità e buon governo.
Dobbiamo anche ricordare che il gruppo di Paesi cosiddetto “Friends of Lebanon”, che conta tra loro Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, ha giocato una partita sporca in Libano, aiutando e favorendo per anni la stessa classe dominante, per poi schierarsi contro di essa quando non serviva più ai loro interessi geopolitici.
I “Friends of Lebanon” fino a martedì imponevano de facto un embargo sugli aiuti finanziari al Libano, unendo le forze con la sua classe dirigente per affamare e umiliare i libanesi, per fare pressione su Hezbollah. Ma una volta che i loro obiettivi fossero stati raggiunti, gli “Amici del Libano” avrebbero ripreso a fare affari con i loro alleati corrotti in Libano, senza tener conto degli interessi dei libanesi medi.
Invece, se gli amici arabi e occidentali del Libano vogliono aiutare, devono indirizzare i loro aiuti direttamente al popolo libanese, non al suo governo corrotto, e devono unirsi al popolo libanese non solo nel lutto e nel dolore, ma anche nella rabbia, per sostituire una classe dirigente che ha derubato di tutto la gente di questa terra colpita dalla tragedia, per poi finire di ucciderla.
Altrimenti, nulla cambierà e un altro disastro di questa portata sicuramente colpirà di nuovo.
Karim Traboulsi è caporedattore di The New Arab.
Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore e non rappresentano necessariamente quelle di The New Arab, della sua redazione o del suo staff.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org