Questa non è Beirut

La vostra campana a morto è suonata. La nostra morte e il tormento dei nostri cuori sono oggi diventati l’arma con cui affronteremo i prossimi giorni di oscurità e umiliazione.

Fonte: English version

Elias Khoury  – 7 agosto 2020

Immagine di copertina: Beirut al tramonto, con il porto in lontananza (© Adobe stock)

Questa non è Beirut.

Ma no – questa è Beirut! Una città distrutta e ferita, il cui sangue si  sparge sugli occhi come vetro. Una città lastricata di vetri, come se il vetro si fosse trasformato in occhi, strappati a riempire le strade. A Beirut, devi calpestare gli occhi per vedere. E quando vedi, vieni colpito dalla cecità. Una città dalla cecità vitrea, dal nitrato di ammonio e dall’esplosione bruciante che ha inghiottito la città e ha diviso il mare.

Questa non è Beirut.

Da quarantacinque anni diciamo di Beirut che non è Beirut. Abbiamo perso Beirut mentre la cercavamo in un passato difettoso. “La città che non c’è più”: questo è il nome che le abbiamo dato perché, a partire dalle distruzioni della guerra civile, abbiamo attribuito ogni cosa a Beirut e al suo passato. Questa settimana, tuttavia,  scagliati a terra dal mostro che è esploso nel porto della città, abbiamo scoperto che la distruzione stessa era la nostra città, , queste case spogliate nude erano le nostre case, questi gemiti erano i nostri gemiti.

Questa è Beirut! Tutti quanti, staccate gli occhi da terra e guardate la vostra città riflessa in queste rovine! Smettetela di cercare nel suo passato difettoso! Non fermatevi  a interrogarvi, perché l’esplosione che ha ridotto in macerie la vostra città non è stata né una coincidenza né un semplice incidente. E’ la verità che così a lungo avete cercato di nascondere. Una città consegnata a dei ladri per essere stuprata, una città dove domina l’autorità degli idioti e che è stata fatta a pezzi dai signori della guerra che lavorano per potenze straniere.

Una città che è esplosa perché giaceva prona sul letto delle sue protratte agonie mortali.

Non chiedete alla città chi l’ha uccisa. Coloro che l’hanno uccisa sono quelli che la governano. Beirut lo sa e lo sapete tutti.

Gli assassini della città sono quelli che hanno cercato di uccidere la Rivoluzione del 17 ottobre formando un governo di burattini tecnocrati e che hanno scatenato i cani della repressione per le strade.

Gli assassini della città sono le mafie del comune partito mafioso che ha conquistato il Paese e ha proclamato la fine della guerra civile trasformando il suo fantasma minaccioso in un regime politico.

Gli assassini della città sono quelli che hanno eletto presidente Michel Aoun,  volgendo in farsa la catastrofe creata dall’oligarchia.

La tua città, la nostra città, sta morendo. Ventisettemila tonnellate di nitrato di ammonio, confiscate e  stoccate nel porto sei anni fa, sono esplose, e la carne dei suoi figli si è dispersa. Che mostruosa  noncuranza e stupidità!

In passato, i signori della guerra civile hanno seppellito rifiuti chimici nelle nostre montagne. Oggi scopriamo che la noncuranza  di questi stessi signori della guerra, che si sono trasformati nei boss mafiosi di quest’epoca che dichiarano essere quella della “pace nazionale”, ha permesso a Beirut di essere fatta a pezzi da qualcosa che si avvicina a una bomba atomica.

Siedono su troni plasmati dalle ossa dei nostri morti, dalla nostra povertà e dalla nostra fame.

Iene! Non avete ancora finito di fare a pezzi i nostri cadaveri?

Andatevene! È giunto il momento che ve ne andiate! Lasciateci con il nostro Paese, che avete  trascinato nell’abisso! Andate ai Caraibi con le sue isole e il suo oceano, dove avete contrabbandato le ricchezze e i beni della gente in modo da potervi  vivere nel lusso!

Non avete ancora finito?

La vostra campana a morto è suonata. La nostra morte e il tormento dei nostri cuori sono oggi diventati l’arma con cui affronteremo i prossimi giorni di oscurità e umiliazione.

Vi affronteremo con i nostri cadaveri carbonizzati e con i nostri volti sanguinanti, e annegherete con noi nell’abisso di questa distruzione.

Ascoltate bene! Beirut ci ha fatto saltare in aria per proclamare la vostra fine, non la nostra.

Beirut non è il suo passato. Beirut è il suo presente. Perde sangue, non onore. Smettete di parlare!  Tacete! Niente di quello che avete da dire ci riguarda. Vogliamo solo una cosa da voi, che ve ne andiate.

Andatevene, voi, i banchieri e tutti gli altri che hanno giocato con le nostre vite fino a portarci all’inferno!

Poi cureremo le ferite di Beirut. Diremo alla nostra città che tornerà da noi, povera ma gioiosa. La sua anima sarà rinnovata e, sebbene indebolita dalle sue ferite, ci terrà stretti al suo dolore e asciugherà le lacrime dai nostri occhi.

Il tempo dei bastardi che hanno governato le nostre vite per così tanto tempo è finito!

Non vogliamo il petrolio dei vostri padroni, non crediamo ai vostri mullah e non ci importa nulla delle vostre sette!

Portatevi  con voi le vostre sette e levatevi di mezzo!

Le giovani donne e i giovani uomini della rivolta del 17 ottobre devono sapere che è giunta l’ora della rivoluzione totale.

Alzatevi, e vendichiamoci per Beirut!

Alzatevi, e costruitevi una patria dalle rovine!

Alzatevi, e ridisegniamo Beirut con l’inchiostro del  sangue dei suoi figli!

 

Elias Khoury: intellettuale libanese nato a Beirut. Il suo romanzo  “La porta del Sole” ha ricevuto il Palestian Prize ed è stato nominato Best Book of the Year da Le Monde Diplomatique,  dal San Francisco Chronicle e dal Notable Book del New York Times. Laila Lalami ha scritto sulla Los Angeles Book Review: “la bella e resiliente città di Beirut appartiene a Khoury”. Lo scrittore incoraggia le donazioni alla Croce Rossa libanese.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

 

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