La mostra della Zawyeh Gallery a Dubai presenta cinque artisti che mettono in risalto i diversi aspetti della resistenza palestinese
Fonte: English Version
Alexandra Chaves – 20 agosto 2020
Immagine di copertina: Nel 2011, l’Accademia Internazionale d’Arte Palestinese (IAAP) e l’artista Khaled Hourani organizzarono una mostra di “Buste de Femme” (1943) di Picasso a Ramallah. Il progetto, compresi i dipinti che Hourani produsse per l’occasione, mirava a illustrare le complesse procedure necessarie per portare l’opera in Palestina. Per gentile concessione dell’artista e della Zawyeh Gallery
È difficile parlare della Palestina senza parlare dell’occupazione. Lo stesso vale per l’arte palestinese, in cui in decenni di produzione artistica la resistenza e l’identità continuano a essere temi centrali.
Queste narrazioni emergono inevitabilmente nella mostra “Palestinian Art: Resilience and Inspiration” (Arte palestinese: resilienza e ispirazione) alla Zawyeh Gallery di Dubai. La galleria è stata fondata a Ramallah nel 2013 e, avendo partecipato in numerose occasioni ad Art Dubai e ad Abu Dhabi Art, la galleria ha aperto quest’anno in Alserkal Avenue, Dubai. I suoi artisti, compresi quelli della mostra, vivono e lavorano principalmente a Ramallah.
La mostra si apre con “Woman Picking Olives” (Donna che raccoglie olive) di Sliman Mansour, una visione simbolica del legame palestinese con la terra, come suggerito dall’albero e dall’abito tradizionale indossato dalla donna nel dipinto. Esemplifica il romanticismo e la nostalgia per cui sono noti i dipinti di Mansour, anche se questo stato d’animo, nelle altre opere della mostra, inizia a cambiare
In confronto, i dipinti “Light in the Dark” (Luce nel buio) di Tayseer Barakat sono più astratti e inquietanti, riflettendo non una versione onirica della Palestina, ma la sua realtà. Le sue tele contengono molte piazze raffiguranti scene della turbolenta storia della regione, dalla Nakba del 1948 e dalle Intifadas, al muro della Cisgiordania e alle invasioni israeliane. Barakat ha prodotto le opere sovrapponendo e incollando una sopra l’altra delle tele, strappandole e ridipingendole per ottenere una superficie ruvida e muta che sottolinea la cupezza del soggetto.
Il contrasto tra la Palestina rappresentata come un ideale astratto e un reale e complesso territorio si ripete per tutta la mostra. È in queste prospettive mutevoli che essa riesce a trovare una base. “Revolution Was the Beginning”(La Rivoluzione fu l’inizio), un’altra opera di Mansour, trabocca di sfida e di sentimento nazionalista mentre ripercorre la storia della resistenza palestinese, piena di simboli di pace e diritto al ritorno. La serie di opere di Nabil Anani, che mostra la coesione di una comunità occupata, tende anche verso una visione più ampia e più fiduciosa della resilienza palestinese.
In un’altra sezione della mostra, i dipinti di Khaled Hourani, dal suo progetto “Picasso in Palestina”, ci riportano ad un livello più concreto. Il progetto di Hourani prevedeva una collaborazione tra l’International Academy of Art Palestine, di cui l’artista è direttore artistico, e il Van Abbemuseum, Eindhoven, per portare a Ramallah le “Buste de Femme” (1943) di Picasso. L’intenzione non era solo quella di mostrare l’opera, ma di illustrare il complicato processo di portare l’arte in una zona di guerra.
Il difficile progetto richiese due anni di tempo per materializzarsi, anche se finalmente nel 2011 il capolavoro arrivò. Quando venne esposto, era affiancato da guardie dell’autorità palestinese armate di kalashnikov. Lo spettacolo surreale fu catturato nelle foto che Hourani ha ricreato nei suoi dipinti. Da un lato, sembrano quasi scene comiche, e dall’altro sono un promemoria della tensione presente sotto la superficie della vita quotidiana palestinese.
Queste differenze evidenziano anche il cambiamento stilistico dell’arte palestinese nel corso delle generazioni. Negli anni ’70 Mansour e Anani erano in prima linea nel movimento artistico palestinese. La loro resistenza all’occupazione non si espresse solo nel lavoro, ma anche nelle loro tecniche . Negli anni ’80 e ’90, gli artisti, tra cui Barakat, boicottarono il materiale artistico israeliano e si rivolsero ai materiali locali. Mansour ha lavorato con l’argilla, mentre Barakat ha usato legna e fuoco. Anani ha utilizzato pelle e coloranti come l’henné.
Mansour e Anani hanno incorporato questi materiali nei loro lavori recenti, che sono più contemplativi ed emotivi. “Temporary Escape” (Fuga temporanea) di Mansour, realizzata con fango e acrilico su legno, si legge come un ritratto psicologico, mentre i paesaggi di Anani “Olive Groves”(Uliveti), realizzati con tecnica mista, sono onirici. Accanto a loro ci sono i ritratti di Hourani dei bambini palestinesi che saltano oltre il muro della Cisgiordania, trasmettendo il messaggio che anche la resilienza può essere gioiosa.
Le installazioni di Wafa Hourani sono una rottura rispetto alle opere più tradizionali. Il “Mirror Party” mostra un segmento del muro della Cisgiordania, indicato dai palestinesi come il Muro dell’Apartheid, coperto da un sottile specchio, critica tagliente all’idea che la questione possa semplicemente scomparire o essere edulcorata. La sua opera scultorea accuratamente costruita “A Letter for Her, A Letter of Fate” assomiglia ai set cinematografici e mostra immaginarie scene di vita nelle strade sotto occupazione.
Per la prima mostra di Zawyeh a Dubai, la galleria ha cercato di dimostrare che non esiste un’unica narrazione sulla resistenza o resilienza palestinese. Invece, le storie sono come fili di idealismo e di lotta politica, passando continuamente dalla memoria alla realtà, dall’astratto al concreto.
L’apertura di Zawyeh negli Emirati Arabi Uniti all’inizio di quest’anno è stata oscurata dalla pandemia e, sebbene lo spazio sia ora attivo e funzionante, la questione se possa rimanere tale è ancora senza risposta. Tuttavia, il suo arrivo negli Emirati Arabi Uniti apre possibilità all’arte palestinese di raggiungere un pubblico più internazionale.
“Palestinian Art: Resilience and Inspiration” è alla Zawyeh Gallery in Alserkal Avenue, Dubai, fino a mercoledì 30 settembre
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina-org