I palestinesi anziani sono il cuore dell’identità palestinese, hanno contribuito enormemente alla società palestinese con il loro tempo e la loro salute.
Fonte: English Version
Addameer – 1 ottobre 2020
Oggi, 1 ° ottobre 2020, il mondo celebra il 30 ° anniversario della Giornata Internazionale delle Persone Anziane. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato questa giornata come un’opportunità per sottolineare il ruolo essenziale e influente delle persone anziane nel contribuire alla società e come mezzo per diffondere la consapevolezza sulle varie sfide che le persone anziane devono affrontare al giorno d’oggi. In 72 anni, le autorità israeliane hanno istituito un apparato di apartheid e discriminazioni per reprimere il popolo palestinese.
La Addameer Prisoner Support and Human Rights Association coglie questa ricorrenza per rendere omaggio a tutti gli anziani prigionieri politici palestinesi per la loro resilienza a vita.
Nel frattempo la comunità internazionale sta discutendo nuove politiche riguardo i detenuti anziani e sta affrontando la necessità di rilasciare e ridurre il numero di persone anziane, ammalate, disabili e che stanno morendo in carcere. Circa 53 anziani palestinesi sono attualmente incarcerati nelle prigioni israeliane, nelle strutture per gli interrogatori e nei centri di detenzione, di cui più di 12 sono detenuti da prima dell’accordo di Oslo del 1993. È fondamentale mettere in discussione la politica dell’occupazione israeliana di arresti arbitrari contro i palestinesi anziani per la durata inutilmente prolungata della detenzione e per le condizioni difficili in cui si svolge, poiché le ragioni della loro detenzione, ovvero la “minaccia” alla sicurezza israeliana, rimangono ambigue.
Condanne a vita da prima dell’accordo di Oslo del 1993
Dei 26 prigionieri politici detenuti da prima dell’Accordo di Oslo del 1993, Karim e Maher Younes, i due prigionieri palestinesi originari dei territori occupati del 1948 detenuti da più tempo, sono entrati nel loro 38 ° anno consecutivo di detenzione in una prigione israeliana. Karim Younes, 64 anni, è stato arrestato il 6 gennaio 1983 e successivamente, dopo 13 giorni, Maher Younes, 62 anni, è stato arrestato il 18 gennaio dello stesso anno.
Karim e Maher sono tra i tanti le cui condanne sono comprese in periodi variabili che vanno dai 30 ai 45 anni di reclusione. In questa materia, esiste una discriminazione contro i prigionieri politici palestinesi; per i prigionieri israeliani condannati ai sensi del diritto penale israeliano, gli ergastoli sono spesso limitati a 25-30 anni, tuttavia, per i prigionieri di “sicurezza” palestinesi molti ergastoli non sono stati limitati o sono limitati a 30-45 anni. In particolare, Ami Popper, un prigioniero di sicurezza ebreo israeliano, che nel 1990 uccise sette lavoratori arabi, ha ottenuto una riduzione della sua condanna a vita. Inoltre, rispetto ad altri prigionieri di “sicurezza” palestinesi, gli sono stati concessi molti privilegi, come le visite coniugali durante la sua incarcerazione.
Una morte lenta a causa della negligenza medica
L’8 luglio 2020, Sa’ad Gharabli, un prigioniero palestinese di 75 anni che scontava l’ergastolo in una prigione israeliana per aver resistito all’occupazione, morì a causa di deliberata negligenza sanitaria, poiché il Servizio carcerario israeliano (IPS) non gli fornì le cure mediche adeguate. Gharabli, di Shajayeh nel nord della Striscia di Gaza, era stato arrestato nel 1994 e posto in isolamento per 12 anni, fino al 2006,anni durante i quali sviluppò varie patologie finchè non gli fu diagnosticato un cancro alla prostata. L’IPS respinse vari appelli per trasferire Gharabli alla clinica della prigione di Ramla e lo lasciò nella sua cella causando un grave danno alla sua salute, finchè non entrò in coma e successivamente l’IPS ne dichiarò la morte. Gharabli era sposato con 10 figli; suo figlio, Ahmad Gharabli, fu ucciso nel 2002, a soli vent’anni, in uno scontro con i soldati israeliani. In particolare, come politica disumana, crudele e degradante, le autorità di occupazione israeliane trattengono e confiscano i corpi di molti martiri palestinesi come punizione collettiva per le loro famiglie. A tutt’oggi, la famiglia Gharabli attende ancora il ritorno dei resti di Sa’ad.
Muwaffaq ‘Orouq, 77 anni, proveniente dai territori occupati del 1948, è in prigione dal 2003 scontando una pena di 30 anni. Gli è stato diagnosticato un cancro all’intestino ed è stato sottoposto a chemioterapia dopo aver subito un intervento chirurgico per rimuovere il tessuto canceroso. A causa delle difficili condizioni di detenzione e della negligenza medica, la salute di Orouq è tuttavia in continuo deterioramento. Nonostante queste circostanze, le autorità di occupazione israeliane continuano a detenere Orouq in condizioni che sono incompatibili e inadatte alla sua situazione di salute e non hanno alcuna intenzione di intraprendere alcuna azione per alleviare la sofferenza di Orouq permettendogli di vivere il tempo che gli resta in modo dignitoso.
Detenzione prolungata e uso di informazioni segrete
Il 31 ottobre 2019 Ali Jaradat, 65 anni, venne arrestato dalle forze di occupazione israeliane che fecero irruzione nella sua casa a Ramallah. Fu trasferito nel carcere di Ofer e in seguito, il 6 novembre 2019, venne emesso contro di lui un ordine di detenzione amministrativa per un periodo di 6 mesi che avrebbe dovuto terminare il 30 aprile 2020. Nell’udienza di conferma del 12 novembre 2019, il giudice militare affermò che i servizi segreti israeliani avevano raccolto a suo carico informazioni riservate che non potevano essere rivelate.
L’ordine di detenzione amministrativa fu rinnovato due volte, di cui la prima per quattro mesi, fino al 29 agosto 2020, e la seconda volta per altri quattro mesi fino al 28 dicembre 2020. Conoscendo il continuo uso da parte dell’occupazione israeliana degli ordini di detenzione amministrativa come strumento per silenziare i palestinesi, non ci sono dubbi che il procuratore militare israeliano continuerà a richiedere il rinnovo dell’ordine di detenzione amministrativa di Jaradat per un tempo indeterminato.
Il 28 settembre 2016, il membro del Consiglio Legislativo palestinese Mohammad Natsheh fu arrestato nella sua casa di Hebron. Circa 20 soldati israeliani fecero irruzione nella casa di Mohammad agli ordini di un ufficiale dell’intelligence che dichiarò di avere un mandato di arresto dicendo “Sette mesi di libertà sono sufficienti . È ora che torni in prigione “. Questa detenzione fu estesa e l’ordine di detenzione amministrativa venne rinnovato più volte fino al 24 giugno 2018. Va ricordato che anche Natsheh è stato precedentemente detenuto più volte. In seguito, fu nuovamente arrestato il 12 dicembre 2019, all’età di 61 anni, ed è ancora sotto detenzione amministrativa sulla base di informazioni segrete. Ciò è altamente problematico, poiché l’utilizzo di prove segrete ostacola in modo significativo la capacità di difesa dei prigionieri e dei loro avvocati.
Persecuzione continua di anziani ex detenuti
Nael Barghouthi, 63 anni, ha trascorso più di 40 anni nelle prigioni israeliane. In origine, Barghoithi stava scontando una condanna a vita, quando nel 2011 fu rilasciato con oltre 1.000 compagni prigionieri palestinesi come parte di un accordo di scambio. Nel 2014, Barghouthi fu nuovamente arrestato con dozzine di ex prigionieri nel tentativo di sopprimere le organizzazioni palestinesi. Il 22 febbraio 2017, il tribunale militare israeliano di Ofer ha ripristinato l’ergastolo per Barghouthi.
Questa decisione fu presa in risposta all’appello avanzato dai militari di occupazione israeliana perché si proseguisse la reclusione di Barghouthi per 30 mesi – una pena che scadde il 17 dicembre 2016. Un emendamento del 2009 sotto forma dell’articolo 186 dell’ordine militare israeliano 1651, stabilisce che un comitato militare possa far ripristinare le condanne originali di ex prigionieri nuovamente arrestati sulla base di prove segrete, a cui viene negato l’accesso sia ai prigionieri palestinese che ai loro avvocati. In un contesto più ampio, questo articolo consente che il cosiddetto gesto di buona volontà degli accordi di scambio di prigionieri sia chiaramente minato da scappatoie legali che consentono il nuovo arresto degli stessi.
Minaccia crescente durante la rapida crescita della pandemia di COVID-19
COVID-19 rappresenta un pericolo particolarmente acuto e immediato per i prigionieri palestinesi, che già sopportano condizioni di detenzione disastrose, tra cui tortura sistematica e maltrattamenti, negligenza medica pervasiva, sovraffollamento, mancanza di un’adeguata ventilazione e accesso a prodotti sanitari, inclusi disinfettanti, cattiva alimentazione e, in alcuni casi, divieto totale di visite dei familiari. Considerando i maggiori rischi a cui le persone anziane sono sottoposte a causa della pandemia COVID-19, queste condizioni rendono le carceri israeliane un pericoloso terreno fertile per il virus e aumentano la vulnerabilità degli anziani prigionieri palestinesi, compresi quelli che soffrono di malattie croniche. Nonostante molti appelli urgenti, le autorità di occupazione israeliane non hanno intrapreso alcuna iniziativa per rilasciare questi gruppi vulnerabili o per mitigare e prevenire adeguatamente un’epidemia di COVID-19 nelle carceri.
I palestinesi anziani sono il cuore dell’identità palestinese, hanno contribuito enormemente alla società palestinese con il loro tempo e la loro salute. La Addameer Prisoner Support and Human Rights Association riconosce e sottolinea la necessità di proteggere i diritti umani e le libertà delle persone anziane, compreso il loro diritto a vivere in dignità e sicurezza. Addameer è solidale con gli anziani prigionieri palestinesi che hanno e soffrono ancora di torture e maltrattamenti da parte dell’occupazione israeliana.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org