Macron non è il primo governante francese che vuole “liberare l’Islam”. Questa è un’antica tradizione “secolare” francese
Fonte: English Version
Joseph Massad – 7 ottobre 2020
Immagine di copertina: Il 2 ottobre il presidente francese Emmanuel Macron pronuncia un discorso per presentare la sua strategia atta a combattere il ‘separatismo’ (Reuters)
La Francia è in crisi.
L’estremismo radicale cristiano francese , ufficiale e non ufficiale, legittimandosi sotto l’ombrello di ciò che i francesi chiamano ostentatamente “laicité”, continua ad incrementare i suoi attacchi ai musulmani francesi e non francesi.
Il “Collectif contre l’islamophobie en France” (CCIF) ha elencato 1.043 incidenti islamofobi verificatisi nel 2019 (un aumento del 77% dal 2017) – 68 attacchi fisici (6,5%), 618 episodi di discriminazione (59,3%), 210 episodi di incitamento all’odio e istigazione all’odio razziale (20,1%), 93 episodi di diffamazione (8,9%), 22 episodi di vandalismo nei luoghi sacri musulmani (2,1%) e 32 episodi di discriminazione legati alla lotta al terrorismo (3,1%).
L’odio per i musulmani dei cristiani francesi cosiddetti ‘secolari’ fa parte del discorso quotidiano del governo francese, degli esperti e dei media
In effetti, la normalizzazione dell’incitamento all’odio contro i musulmani non solo legittima la discriminazione istituzionalizzata a cui sono sottoposti i musulmani francesi, ma incita anche alla violenza contro di loro dentro e fuori la Francia, comprese le sparatorie alla moschea di Brest e il targeting del suo popolare imam Rachid Eljay nel giugno 2019 e l’attacco alla moschea di Bayonne nell’ottobre 2019, che causò quattro feriti.
Fuori dalla Francia, il terrorista che nel 2019 commise il massacro alle moschee di Christchurch in Nuova Zelanda, uccidendo 51 fedeli musulmani e ferendone 49, aveva dichiarato come le azioni omicide del pensatore francese islamofobo Renaud Camus avessero influenzato le sue azioni.
Nell’ottobre 2019, il presidente francese Emmanuel Macron (il cui nome è quello che l’angelo Gabriele ha dato a Gesù nei Vangeli e che significa “Dio è con noi”) e il suo allora Ministro dell’Interno Christophe Castaner (chiamato anche lui in onore di Cristo stesso) collegarono il terrorismo in Francia a caratteristiche della fede e della cultura dei musulmani francesi , come l’avere la barba, pregare cinque volte al giorno, mangiare cibo halal, ecc.
È puramente casuale che il presidente e il suo ministro degli interni prendano il loro nome da Gesù Cristo, il che non dovrebbe implicare che tutti coloro che prendono il nome da Gesù siano in crisi con “l’Islam”, ma piuttosto solo quelli di loro che esprimono odio “secolare” anti-musulmano.
“Liberare” l’Islam
La scorsa settimana, Macron ha dichiarato che “l’Islam è una religione che attualmente è in crisi in tutto il mondo, non solo nel nostro Paese”. Ha aggiunto che sta cercando di “liberare” l’Islam francese dalle influenze straniere migliorando la supervisione dei finanziamenti alle moschee.
Ma Macron non è il primo governante francese che vuole “liberare” l’Islam.
Questa è un’antica tradizione “secolare” francese. Quando Napoleone Bonaparte invase l’Egitto e la Palestina nel 1798, il suo piano era quello di mentire agli egiziani annunciando che lui e il suo esercito erano “fedeli musulmani ” e che erano venuti per liberare i musulmani e l’Islam dalla tirannia dei Mamelucchi.
Il suo inganno non funzionò e gli egiziani si ribellarono contro di lui, così come fecero i palestinesi. Tornò sconfitto in Francia dopo che il suo esercito ebbe commesso atrocità indicibili in Egitto e Palestina. La crisi di due secoli fa di Napoleone e della Francia con l’Islam fu causata dal fatto che subirono una sconfitta nella città palestinese di Acri. Tre decenni dopo, quando la Francia invase l’Algeria, i francesi non avevano più bisogno di mentire ai musulmani per conquistarli, derubarli e distruggere i loro luoghi di culto.
Il casus belli ufficiale utilizzato da re Carlo X per giustificare l’invasione dell’Algeria nel 1830 fu il rifiuto della Francia di pagare il debito per il grano che i mercanti algerini avevano fornito all’esercito francese di Napoleone durante la Campagna Italiana sotto la Prima Repubblica. In considerazione del fatto che i mercanti algerini provenivano dalle famiglie di banchieri ebrei livornesi dei Bacri e dei Busnac, all’epoca in Francia il dibattito pubblico assunse un “tenore antisemita”.
Ironia della sorte, questo è lo stesso re Carlo che nel 1825 costrinse gli schiavi liberati di Haiti, la cui rivoluzione rovesciò il colonialismo e la schiavitù francesi, a pagare milioni di indennità per le perdite di proprietà dei loro ex padroni bianchi francesi che li avevano ridotti in schiavitù, in cambio del riconoscimento e della revoca del blocco punitivo verso Haiti.
Nel 1827, Hussein Dey, sovrano ottomano di Algeri, chiese il pagamento del debito al console francese, Pierre Deval, che rifiutò insolentemente. Furioso per l’affronto del console, il Dey lo colpì con uno scacciamosche (quello che i francesi chiamano “l’incidente del colpo di ventaglio”) – e lo definì “un mascalzone malvagio, infedele, adoratore di idoli”.
Invadere l’Algeria
L’invasione fu lanciata a metà giugno 1830 e Algeri cadde il 5 luglio. La Francia, in difficoltà finanziarie, svaligiò il tesoro di Algeri, rubando più di 43 milioni di franchi in oro e argento, che andarono ad unirsi alle somme scomparse e a quelle spese per l’esercito di occupazione francese. Forse i paesi poveri dell’Africa occidentale che continuano ad essere indebitati con la Francia oggi, dovrebbero dimostrare quanto siano assimilati alla Francia invadendola a loro volta per derubarne il tesoro.
Gli obiettivi immediati dell’invasione, come Charles li enumerò all’Assemblea Nazionale francese il 2 marzo, erano vendicare i francesi per l’insulto algerino, “porre fine alla pirateria e rivendicare l’Algeria al cristianesimo”.
In linea con gli impegni cristiani della Francia, l’esercito francese conquistatore si appropriò delle moschee e le trasformò in chiese e cattedrali sotto la minaccia delle armi, inclusa la più grande moschea ottomana Ketchaoua ad Algeri, costruita nel 1612, che fu convertita nella Cattedrale di San Filippo nel dicembre 1832.
Nello stesso anno i francesi spazzarono via l’intera tribù degli Ouffia, non risparmiando né donne né bambini, e sequestrando tutti i loro beni.
Non diversamente dall’odio e dal razzismo nei confronti dei musulmani degli intellettuali bianchi francesi cristiani suprematisti contemporanei, all’inizio degli anni 1840, il celebre pensatore francese Alexis de Toqueville dichiarò a questo proposito che “è possibile e necessario che ci siano due categorie di leggi in Africa, perché ci troviamo di fronte a due società chiaramente separate. Quando si ha a che fare con gli europei [coloni in Africa], assolutamente nulla ci impedisce di trattarli come se fossero soli; le leggi emanate per loro devono essere applicate esclusivamente a loro “.
Si oppose ai deboli di cuore che osteggiavano la barbarie francese e il suo uso di blitzkrieg (che chiamavano “razzias”) contro la popolazione algerina. “Ho spesso sentito uomini che rispetto, ma con i quali non sono d’accordo, trovare sbagliato che noi bruciamo raccolti, svuotiamo silos e infine sequestriamo uomini, donne e bambini disarmati. Queste, a mio avviso, sono necessità deplorevoli, ma quelle a cui chiunque voglia fare la guerra agli arabi è obbligato a sottomettersi. E, se devo dire la mia opinione, questi atti non mi rivoltano più di molti altri che la legge di guerra ovviamente autorizza e che accadono in tutte le guerre d’Europa “.
Barbarie francese
Nel 1871, i musulmani algerini si ribellarono di nuovo contro il dominio francese, con 150.000 persone che si unirono alle forze di un leader kabilo locale, Al-Muqrani.
La macchina genocida francese rispose uccidendo centinaia di migliaia di persone il che, combinato con le morti per carestia causate dai francesi negli anni precedenti al 1860, provocò la morte di un milione di algerini (circa un terzo della popolazione). I francesi rasero al suolo dozzine di città e di villaggi eliminando l’intera élite della società algerina. Ma anche questo non risolse la “crisi” della Francia con l’Islam.
Nel 1901, la preoccupazione francese per la loro “crisi” con l’Islam aumentò. Ciò fu particolarmente vero perché la Francia, che “è e diventerà sempre più e senza dubbio una grande potenza musulmana”, vista l’acquisizione di nuove colonie con grandi popolazioni musulmane, aveva bisogno di sapere come sarebbe stato l’Islam nel XX secolo.
Questa divenne una preoccupazione così grave che fu lanciata una “ricerca” coloniale di conoscenza. Il direttore dell’importante rivista coloniale francese “Questions diplomatiques et coloniales”, Edmond Fazy, si propose di indagare sulla questione del “Futuro dell’Islam” entro il 2000.
Il futuro dell’Islam
Non diversamente da molti cristiani islamofobi francesi di oggi, Fazy era preoccupato per il numero crescente e sottostimato di musulmani nel mondo (citò la cifra di 300 milioni, che costituiscono un quinto della popolazione mondiale) e per la propagazione della loro “semplice” religione in Africa.
Oggi la Francia continua ad essere immersa in un discorso dominante di sciovinismo e di odio che non è dissimile da quello che ha sempre dominato la cultura francese
Molti di coloro che collaboravano con il suo periodico ritennero opportuno manipolare la teologia islamica e trasformare gli ulama musulmani per dare vita non solo a un Islam moderno che la modernità europea avrebbe tollerato, ma anche uno che, speravano, avrebbe indebolito l’Impero Ottomano.
Il consiglio più funzionale, tuttavia, arrivò dalla scuola francese degli arabisti, composta dai coloni francesi (pieds noirs) in Nord Africa. Uno di loro, Edmond Doutte, dell’Ecole Algerienne, specialista in religione e islam, parlò del suo incontro con il fanatismo e l’intolleranza musulmani.
I musulmani tradizionalmente istruiti sembrano essersi “allontanati da noi” in contrasto con i lavoratori autoctoni, che fraternizzano con i coloni e imparano “le nostre abitudini”. Piuttosto che reprimere “le manifestazioni religiose esagerate” dell’Islam esistente, il compito riservato agli europei era più produttivo.
“Potremmo, al contrario, favorire la nascita di un nuovo Islam più incline al compromesso e alla tolleranza dell’Europa; incoraggiare la giovane generazione di ulama che sta lavorando in quella direzione, e aumentare il numero di moschee, madrase e università musulmane, assicurandoci di fornire loro uno staff aderente alle nuove teorie “.
I commenti di Doutte suonano così familiari perché potrebbero essere facilmente pronunciati da qualsiasi politico o esperto di oggi, francese o occidentale.
Quanto a M William Marcais, il direttore della madrasa di Tlemcen fondata dai francesi per formare i giudici musulmani algerini su basi “razionaliste”, era parzialmente favorevole nei confronti dell’Islam “nuovo” e “moderno” che i francesi stavano modellando, un Islam che “era strettamente legato al destino della Francia”.
Tempo di recuperare
Il progetto di trasformare l’Islam in qualcosa che il cristianesimo europeo e la laicità francese possono tollerare prosegue nel 2020, ma con risultati insoddisfacenti per quanto riguarda Macron, soprattutto perché il finanziamento francese dei gruppi jihadisti in Siria non ha finora portato all’Islam voluto dai Francesi.
La discriminazione istituzionalizzata in corso da parte dello Stato francese contro i suoi cittadini musulmani non mostra segni di diminuzione sotto Macron. La Francia continua oggi ad essere sommersa da un discorso dominante di sciovinismo e odio che non è dissimile da quello che ha sempre dominato la sua cultura anche prima della Rivoluzione Francese.
È vero che oggi la diffusa cultura dell’odio dei cristiani bianchi suprematisti e fascisti in Europa e negli Stati Uniti, che ricorda la cultura europea dell’odio negli anni ’30, non è esclusiva della Francia, ma i francesi (non diversamente dagli israeliani) ne eccellono, per esprimersi con eufemismo.
La crisi che la Francia continua ad affrontare con i musulmani è la crisi dello sciovinismo francese e il rifiuto del suprematista bianco cristiano e dei laici francesi di riconoscere che il loro Paese è una potenza neocoloniale di terzo livello, con una cultura retrograda dominante che insiste nel tenersi strette le immeritate glorie del passato, quando avrebbero invece bisogno di pentirsi dei loro peccati genocidi che si estendono dai Caraibi al Sud-est asiatico e all’Africa, e che dalla fine del XVIII secolo hanno ucciso milioni di persone.
Ciò che i francesi devono fare è ripagare i debiti che hanno nei confronti di tutti coloro che da allora hanno derubato e ucciso in tutto il mondo. Solo così si porrà fine alla crisi della Francia con “l’Islam” e con sè stessa.
Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye
Joseph Massad è professore di politica araba moderna e storia intellettuale alla Columbia University di New York. È autore di numerosi libri e articoli accademici e giornalistici. I suoi libri includono” Colonial Effects: The Making of National Identity in Jordan”,” Desiring Arabs, The Persistence of the Palestinian Question: Essays on Sionism and the Palestinians”, e più recentemente “Islam in Liberalism”. I suoi libri e articoli sono stati tradotti in una dozzina di lingue.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org