Esclusivo: il sondaggio Guardian-YouGov suggerisce che in nove Paesi del mondo arabo la maggioranza ritiene che la disuguaglianza sia aumentata.
Fonte: English Version
Immagine di copertina: Composito: Guardian Design
Michael Safi – Tunisi – 17 dicembre 2020
Secondo un sondaggio effettuato da Guardian-YouGov, in nove Paesi del mondo arabo la maggioranza delle persone sente di vivere in società significativamente più disuguali oggi rispetto a prima della Primavera Araba, un’era di rivolte, guerre civili e progressi incerti verso l’autodeterminazione iniziata un decennio fa.
La pluralità dei cittadIni in quasi tutti i Paesi hanno concordato che le loro condizioni di vita si erano deteriorate dal 2010, quando l’auto-immolazione del fruttivendolo tunisino Mohamed Bouazizi diede il via a manifestazioni di massa e rivoluzioni che diffusero in tutta la regione. I riverberi di quel momento continuarono nel 2019 con il rovesciamento dell’ex dittatore sudanese Omar al-Bashir e con vasti movimenti di protesta in Libano, Algeria e Iraq.
I risultati del sondaggio su 5.275 persone di sesso e età differenti suggeriscono che i sentimenti di disperazione e privazione del diritto di voto che hanno alimentato questo turbolento capitolo in Medio Oriente sono solo aumentati, anche se la maggior parte delle persone non rimpiange i movimenti di protesta – ad eccezione, in particolare, dei Paesi in cui questi hanno portato alla guerra civile.
Peggio di prima
La sensazione di stare peggio rispetto a prima della Primavera Araba è stata senza sorpresa più alta in Siria (75% degli intervistati), Yemen (73%) e Libia (60%), dove le proteste di piazza hanno lasciato il posto a guerre civili e interventi stranieri che hanno frantumato il Paese.
L’indagine ha riguardato anche l’Egitto e la Tunisia, dove i governanti autoritari di lunga data furono rovesciati all’inizio del 2011, così come l’Algeria, il Sudan e l’Iraq, che un decennio fa inizialmente assistettero solo a disordini su piccola scala, ma dove da allora sono emersi significativi movimenti anti-regime.
Meno della metà degli intervistati in Egitto, Iraq e Algeria ha dichiarato di stare peggio rispetto a prima del 2010; ma in nessuno dei tre più di un quarto delle persone ha detto di stare meglio.
Un divario generazionale
In alcuni Paesi, è stata la generazione più giovane – quella che erediterà le società arabe e con meno memoria della vita prima delle rivoluzioni – ad essere quella meno negativa riguardo ai cambiamenti.
Secondo il sondaggio, gli algerini di età compresa tra i 18 ei 24 anni, insieme ai loro omologhi in Tunisia, Egitto e Iraq, sono tutti significativamente meno propensi a dire che le proteste di massa e le rivoluzioni dell’epoca sono state deplorevoli.
I loro genitori risultano essere generalmente più pessimisti, con la maggioranza di essi che in ciascuno degli otto Paesi concorda sul fatto che i bambini che crescono oggi dovranno affrontare un futuro peggiore di quelli cresciuti negli anni prima dell’era della Primavera Araba.
Una democrazia infelice
Anche in Tunisia, una “storia di successo” dove le istituzioni democratiche hanno resistito ad omicidi e lotte intestine, c’è stata una profonda disillusione.
Il 27% degli intervistati ha dichiarato di stare meglio dopo la rivoluzione, la percentuale più alta tra i Paesi presi in esame. Ma tra la crescita economica stagnante e l’elevata disoccupazione, aggravata dalla pandemia del Covid-19, metà dei tunisini ha dichiarato di stare peggio.
In Tunisia i significativi miglioramenti dei diritti civili, con l’86% delle persone che afferma che ora c’è più libertà di criticare il governo e con la metà che dichiara che ci sono meno possibilità di arresto illegale, ha fatto poco per dissolvere il senso di insoddisfazione nel paese del Maghreb.
I contratti sociali sono ancora interrotti
La convinzione che i contratti sociali fossero stati stracciati, con una piccola élite arricchita a spese della maggioranza, contribuì ad alimentare le rivoluzioni dell’epoca. Il sondaggio ha mostrato che dal 2010 tale percezione è aumentata e la disuguaglianza è significativamente peggiore.
Questa è l’opinione del 92% dei siriani, il risultato più alto rispetto a tutte le domande del sondaggio, seguito dall’87% degli yemeniti e dall’84% dei tunisini. Almeno sette algerini e iracheni su 10 hanno affermato di sentirsi allo stesso modo, così come il 68% degli egiziani.
Quasi la metà degli egiziani sente che il diritto di esprimersi è diminuito rispetto all’epoca di Hosni Mubarak, anche se un quinto afferma di essere ora più libero di parlare e più di uno su tre è ambivalente, dicendo di non essere né d’accordo né in disaccordo.
Egitto ambivalente
Questa incertezza nelle risposte dell’Egitto, il paese più popoloso del mondo arabo, è abbastanza coerente. Alla domanda se oggi avessero una vita migliore rispetto a dieci anni fa, la maggioranza risponde di non essere sicura. Si esprime allo stesso modo sulla questione se i bambini avranno un futuro migliore oggi rispetto al 2010.
Ciò ha portato ad esprimere la loro opinione sulla rivoluzione del gennaio 2011, che spodestò Mubarak e innalzò prima i Fratelli Musulmani, e poi il governo del presidente Abdel Fatah al-Sisi, dominato dai militari.
Gli egiziani sono praticamente divisi sul fatto di aver sostenuto la rivolta, e tra quelli di età superiore ai 25 anni, anche equamente divisi sul fatto che si siano pentiti della caduta di Mubarak e degli anni tumultuosi che ne seguirono.
Non è chiaro se tali opinioni degli egiziani derivino da preoccupazioni per la sicurezza. YouGov ha affermato che a tutti gli intervistati è stato assicurato che le loro risposte sarebbero state soggette a una clausola di riservatezza e che tutte le risposte sarebbero state rese anonime.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org