Le popolazioni native indigene chiedono di non essere dimenticate, ma non basta l’elezione di una nativa per portare avanti politiche indigeniste, cosa che in 200 anni di alternanza democratica e repubblicana negli USA non è mai successo.
Lorenzo Poli – 3 gennaio 2021
Immagine di copertina: Deb Haaland (Photo courtesy Deb Haaland)
Il capitalismo intersezionale è ormai un fenomeno assodato nella futura amministrazione di Joe Biden, che per far apparire la sua amministrazione più credibile e diplomatica sta nominando soggettività appartenenti a tutte le categorie da sempre oppresse e inferiorizzate.
Il presidente-eletto Joe Biden ha nominato Deb Haaland, deputata del Partito Democratico per il New Mexico, come Ministro dell’Interno. Se confermata dal Senato, sarà una conquista storica: la prima nativa americana a capo di un dipartimento del governo degli Stati Uniti.
Le popolazioni native, storicamente a sinistra e vicine a Bernie Sanders, sono per molte ragioni le ultime per la loro condizione sociale. Considerate inferiori agli animali, anche la loro reclusione nelle riserve non aiuta la loro situazione.
Il senso comune verso gli indigeni americani negli USA somiglia molto alla considerazione degli indigeni amazzonici in Brasile o dei Rom in Italia: la “feccia” in una società in cui il razzismo è istituzionalizzato. La nomina di Haaland è un sospiro, un segno di speranza, ma realmente un’illusione. Le popolazioni native indigene chiedono di non essere dimenticate, ma non basta l’elezione di una nativa per portare avanti politiche indigeniste, cosa che in 200 anni di alternanza democratica e repubblicana negli USA non è mai successo.
Haaland, 59enne, appartenente al popolo dei Laguna Pueblo, è figlia di madre nativa e padre di origini norvegesi che fu ufficiale dei Marines. È nata a Winslow in Arizona ed ha studiato Giurisprudenza alla University of New Mexico, ma non ha superato l’esame per l’ordine degli avvocati. Ragazza madre, per molto tempo ha prodotto salsa messicana per sopravvivere e, non riuscendo a pagare l’affitto, per molto tempo ha chiesto ospitalità presso amici. Nel 2018 è stata una delle prime due donne native elette al Congresso insieme a Sharice Davids del Kansas.
La sua soggettività come indigena contrasta però con una controversa posizione da lei presa in questi anni sulla questione palestinese. Sostiene infatti gli aiuti stranieri a Israele per mantenere la sua difesa e sicurezza[1], ma al contempo sostiene la soluzione binazionale e, l’11 giugno 2020, ha scritto una lettera[2] insieme ad altri colleghi per condannare la violenza israeliana nei Territori Palestinesi Occupati, dove sorgono gli insediamenti illegali israeliani. La stessa violenza che viene giustificata in quanto necessaria per la difesa e la sicurezza israeliana.
Il 7 giugno 2019 l’Albuquerque Journal diffuse una lettera dell’attivista di Jewish Voice for Peace, Iris Keltz. Nella sua lettera contro l’antisemitismo, la signora Keltz scriveva “ha rappresentato il primo distretto congressuale di Albuquerque per Deb Haaland come parte di una delegazione nazionale di Jewish Voice for Peace (JVP) al Congresso, il 2 aprile”. Questa dichiarazione scandalizzò alcuni indigeni che sostengono “che gli ebrei sono gli indigeni di Israele”, chiedendo in una lettera aperta[3] a Haaland di prendere le distanze da Jewish Voice for Peace, definito come un “gruppo di odio dedito a demonizzare gli indigeni (intesi gli ebrei) in Medio Oriente”, in quanto aderente al Movimento BDS e sostenitore dei diritti umani dei palestinesi.
Haaland non si espresse mai e non rispose, fortunatamente, a questa provocazione.
Altra posizione è sul suo supporto al Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), ovvero l’Iran Nuclear Deal raggiunto a Vienna il 14 luglio 2015 tra l’Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti) più la Germania e l’UE. Ciò non sarebbe nulla di male, se si fosse esposta anche a favore del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, cosa che invece non ha fatto.
L’appoggio alla sua candidatura è stato bipartisan: 120 capitribù, più di 50 colleghi democratici alla Camera, qualche repubblicano e i progressisti di Bernie Sanders. I suoi sostenitori hanno scritto a Biden, definendola la candidata più qualificata oltre che una scelta storica.
In entrambi gli Stati cruciali per l’elezione di Biden, ha vinto per pochi voti: in Arizona, dove un presidente del Partito Democratico non veniva eletto da 24 anni, per 10.400 voti, mentre in Wisconsin per 20.600.
Haaland ha influenzato figure di spicco della politica americana, come il senatore Bernie Sanders e il parlamentare Alexandria Ocasio-Corteza. Il suo discorso indigenista e la protezione dei popoli indigeni ha messo Haaland in rotta di collisione con il presidente brasiliano Jair Bolsonaro e la sua politica anti-ambientale e anti-indigena.
Haaland dirigerà un dipartimento che è direttamente coinvolto nella vita e nel benessere degli 1,9 milioni di nativi americani che vivono negli Usa, ma avrà anche un ruolo centrale nel gestire il piano per l’ambiente, il clima, gran parte delle vaste terre pubbliche, i corsi d’acqua, la fauna selvatica, i parchi nazionali e la ricchezza mineraria della nazione. Temi su cui al Congresso si è spesa e sui quali le popolazioni indigene di tutto il mondo sono estremamente sensibili e attive anche nell’ambito delle Nazioni Unite.
Il Dipartimento dell’Interno è importante per i nativi perché sovrintende ai territori federali e alle risorse naturali, che si trovano soprattutto nell’Ovest degli Stati Uniti. Uno dei suoi compiti sarà di ripristinare su questi territori, sotto il controllo federale, le tutele che sono venute meno durante l’amministrazione Trump, che li aveva aperti alle miniere e allo sfruttamento petrolifero.
Da molti anni però i nativi americani non sono un blocco unico e l’indigenismo politico rischia sempre più di essere abbandonato: i Lumbee della Nord Carolina, hanno preferito nettamente Trump e anche tra i Navajo ci sono elettori repubblicani, mentre la maggioranza è sostenitrice di Sanders ma ha eletto Biden. Ora chiedono che si rispettino le promesse fatte in campagna elettorale, tra le quali che Bears Ears, un territorio istituito da Barack Obama come monumento nazionale quand’era presidente e poi ridotto dell’85% da Trump, venga ripristinato ai confini originari.
Ora bisognerà vedere se veramente una nativa americana potrà cambiare il destino dell’ambiente, della natura, degli ecosistemi e la condizione dei nativi americani, o se sarà ancora un’altra illusione che lascerà l’amaro in bocca. Bisognerà vedere se sarà in grado di urlare “No, you can’t!” alle multinazionali pronte ad accaparrarsi i territori indigeni e incontaminati degli Stati Uniti.
Note:
[1] https://jacpac.org/candidates/house/nm/deb-haaland
Invictapalestina.org
[2] https://haaland.house.gov/media/press-releases/haaland-members-congress-call-us-ambassador-israel-condemn-all-acts-violence
[3] https://indiancountrytoday.com/opinion/an-open-letter-to-deb-haaland-jewish-voice-for-peace-demonizes-indigenous-people-0JoiYnn7MkCNwx6YWwcnRQ