Mentre gli abitanti di Jibneh aspettano che la Corte Suprema decida il loro destino, l’esercito israeliano decide di tenere una grande esercitazione proprio nel mezzo del loro villaggio.
Fonte: English Version
Yuval Abraham – 5 febbraio 2021
Foto di copertina: I bambini di Jinbeh, un villaggio palestinese nella Cisgiordania occupata, assistono all’esercitazione delle forze armate israeliane, il 3 febbraio 2020 (Keren Manor / Activestill.org)
La prima granata ci ha svegliati alle due del mattino. È stata un’esplosione incredibile. La porta di metallo della stanza ha tremato e l’odore del fumo ha riempito l’aria. Mi sono alzato dal letto. L’esplosione era così vicina che si potevano sentire i soldati al piano di sotto gridare: “Yalla, continua. Veloci.”
Si sentì un’altra granata esplodere. L’esercito israeliano stava conducendo un’imponente esercitazione vicino a Jinbeh, un piccolo villaggio della Cisgiordania nella zona di Masafer Yatta, sulle colline a sud di Hebron, dove vivono circa 150 palestinesi.
Le luci nelle case attraverso il villaggio si accesero. Alcuni residenti spaventati si precipitarono fuori. Quando calò il silenzio, Hamdan, che dormiva accanto a me, disse: “È tutto, penso che sia finita. Torniamo a dormire.”
Ma poi ci fu un’altra esplosione. Le finestre tremavano, i cani ululavano, il mio corpo si irrigidì e continuò fino alle 4 del mattino. Nessuno degli abitanti di Jinbeh riuscì a dormire quella notte.
La mattina seguente, abbiamo scorto un gran numero di mezzi militari a valle. Trenta carri armati e un convoglio di autocarri pesanti che trasportavano granate stavano salendo fino al villaggio, spianando la stretta strada sterrata. Uno dopo l’altro, i carri armati hanno superato le decine di famiglie e bambini che erano fuori in piedi, esausti dalla notte passata insonne e completamente sconvolti.
Un’anziana donna, nata a Jinbeh nel 1942, mi disse che non aveva mai visto niente di simile. L’esercito ha condotto l’addestramento militare nella zona per decenni, ha detto, ma non in questo modo. Non erano mai arrivati con i mezzi corazzati fino alle case degli abitanti.
Nel 1980, l’esercito israeliano dichiarò l’area come Zona di Fuoco 918, anche se 12 villaggi palestinesi, tra cui Jinbeh, si trovavano lì da molto prima della fondazione di Israele nel 1948. L’obiettivo dell’esercito era mettere in fuga i residenti palestinesi.
Mentre la donna stava parlando, uno dei carri armati si è schiantato contro il cancello di pietra della casa accanto. Uno dei bambini ha detto che aveva paura. Un pilota dal carro armato ha salutato una ragazza vestita di viola e lei ha contraccambiato. Un terzo carro armato è entrato nel cortile di un’abitazione: molto probabilmente il pilota si è distratto lungo il percorso.
Un altro carro armato ha virato contro la vecchia casa di pietra di Ali, 60 anni. Il pilota, che si guardava tutt’intorno, era imbarazzato. Un ufficiale con la barba grigia gli ha battuto le mani in segno di scherno e ha urlato: “Incapace, è così che mantieni la rotta?”
Ali si avvicinò e vide che il carro armato aveva divelto delle grandi pietre che ora stavano bloccando l’ingresso della sua casa. Il carrista non si è mosso di un centimetro. L’ufficiale gridò di nuovo: “Levati il pensiero e corri a prendere immediatamente i cavi di traino”.
I carri armati hanno proseguito oltre gli altri edifici, ma Ali è rimasto fuori dalla sua casa. Ha chiesto a suo figlio di aiutarlo a spostare le pietre.
Anche Ali è nato qui a Jinbeh. Mi ha detto che ha lavorato come operaio edile in Israele per tutta la vita, riparando strutture e strade. Nel Kibbutz Be’eri. A Nahal Oz. Quelle furono le sue parole.
Ali ha detto di avere quattro fratelli, che hanno lasciato Jinbeh negli ultimi dieci anni. Hanno abbandonato il villaggio in cui sono nati a causa delle politiche di Israele, a causa della Zona di Fuoco 918, ha osservato. Ha spiegato che l’esercito sta impedendo di asfaltare le strade e si rifiuta di concedere loro i permessi di costruzione o di allacciarsi all’acqua e all’elettricità.
Jinbeh è uno degli oltre 200 villaggi palestinesi dell’Area C della Cisgiordania occupata, su cui l’esercito israeliano ha il pieno controllo, a cui vengono sistematicamente negati i permessi di costruzione, anche se il terreno è di proprietà privata dei residenti.
L’esercito risparmia solo le vecchie case di pietra del villaggio, come quella di Ali. Tutto il resto, la clinica, la scuola, il campo da calcio, possono essere demoliti in qualsiasi momento. È una politica violenta; un modo per spingere le persone a lasciare la propria terra. Anche per questo l’esercito ha dichiarato quest’area Zona di Fuoco, anche se raramente si esercita qui: per aumentare la pressione.
Nel 1999, sotto la guida del primo ministro Ehud Barak, Israele ha emesso ordini di espulsione contro i residenti di Jinbeh e gli altri villaggi dell’area, sostenendo che si trovassero all’interno di una Zona di Fuoco. Ma l’obiettivo di giudaizzare l’area probabilmente risale al piano Allon del 1967, creato dall’allora Ministro del Lavoro Yigal Allon. Era il progetto del Partito Laburista per la costruzione di insediamenti nei territori palestinesi occupati.
Questa tattica di utilizzare le Zone di Fuoco per giudaizzare un’area non è applicata solo nelle colline a sud di Hebron. Israele ha dichiarato circa il 18% della Cisgiordania come Zone di Fuoco per l’addestramento militare. Quest’area è grande all’incirca quanto l’area della Cisgiordania sotto il pieno controllo palestinese. Durante una riunione del sottocomitato della Knesset del 2014 su “le costruzioni palestinesi illegali nell’area C”, il colonnello Einav Shalev, allora ufficiale delle operazioni del comando centrale, ammise che uno dei motivi principali dell’aumento dell’addestramento militare in queste Zone di Fuoco è impedire le costruzioni palestinesi.
È importante sottolineare che si tratta di villaggi che esistono da molti decenni. I residenti non hanno modo di costruire legalmente perché l’Amministrazione Civile, il braccio dell’esercito israeliano responsabile del governo dei palestinesi nella Cisgiordania occupata, nega più del 98% delle richieste di permesso presentate dai palestinesi nell’Area C. Anche discutere di questo tema in termini di rispetto della legge è assolutamente ridicolo, dal momento che la legge è chiaramente basata su pregiudizi razziali.
I residenti di Jinbeh hanno presentato un appello alla Corte Suprema israeliana sulla base di un argomento molto logico: se sono insediati sulla propria terra, di cui possiedono la proprietà, come può lo stato espellerli sostenendo che l’area è una Zona di Fuoco? Lo stato ha affermato che, sebbene i residenti di Jinbeh vivano effettivamente in quella zona, vi rimangono solo per una parte dell’anno in determinate stagioni. Pertanto, poiché il villaggio non è la loro “residenza permanente”, l’esercito può dichiarare l’area una Zona di Fuoco e cacciare gli abitanti.
Questo è falso. Ma anche se fosse vero, è pur sempre la loro terra, la loro casa.
Sono passati più di 20 anni da quando il ricorso è stato presentato e continua a essere trascinato di anno in anno senza una sentenza. Ma è già stata emessa una condanna: trasferimento progressivo.
L’Amministrazione Civile viene qui ogni mese per demolire case e infrastrutture pur rifiutando di concedere permessi di costruzione, e le persone alla fine si arrendono e se ne vanno. Ma quest’anno, il giudice della Corte Suprema che presiede il caso va in pensione, il che significa che deve emettere una sentenza nei prossimi mesi e determinare se lo stato può espellere tutti gli abitanti.
Questo è il contesto dietro l’esercitazione militare. Questo è il motivo per cui, dopo anni di non addestramento in questa Zona di Fuoco, l’esercito ha deciso di condurre un’esercitazione in prossimità delle abitazioni civili. È ovvio che prima della sentenza lo Stato voglia rafforzare la propria presenza nell’area.
Prima dell’esercitazione, i militari si sono impegnati a non entrare nei terreni privati né a interferire con la routine quotidiana dei residenti. Eppure, soldati e carri armati sono entrati più volte nei terreni agricoli, e l’intera esercitazione, dalle esplosioni notturne all’invasione dei carri armati del mattino seguente, ha notevolmente sconvolto le vite degli abitanti di Jinbeh.
C’era anche chi era molto soddisfatto di questa esercitazione: i coloni. Il Consiglio Regionale delle colline meridionali di Hebron si è congratulato con l’IDF per l’esercitazione, scrivendo in un messaggio che l’aumento dell’addestramento militare “è uno dei modi per aumentare la governance, rafforzare il controllo e far rispettare la legge e l’ordine nell’area”.
Aumentare il controllo, ovvero aumentare la pressione di Israele per espellere le comunità locali come Jinbeh, che vivono in aree che lo Stato vuole giudaizzare. Israele si sta attualmente concentrando su tre aree della Cisgiordania: la Valle del Giordano, le colline a sud di Hebron e un’area nota come E1, che collega Gerusalemme Est alla Cisgiordania. Lì, Israele nega sistematicamente i permessi di costruzione ai palestinesi per costringerli ad andarsene.
Yuval Abraham è uno studente di fotografia e linguistica.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org