Non pochi israeliani nell’esercito e nelle istituzioni politiche inizieranno a sudare nei mesi a venire. Alcuni di loro avranno paura di viaggiare all’estero temendo di essere arrestati. . Forse in questo modo inizieranno a pensare in modo diverso alle loro azioni.
Fonte: English Version
Gideon Levy – 6 febbraio 2021
Immagine di copertina: manifestante palestinese durante una manifestazione contro gli insediamenti israeliani il 15 maggio 2020 nel villaggio di al-Sawiya, a sud di Nablus Credito: JAAFAR ASHTIYEH / AFP
Ogni israeliano che si rispetti dovrebbe essere felice della buona notizia arrivata dall’Aia venerdì: La Corte Penale Internazionale è competente ad indagare su presunti crimini di guerra commessi da Israele nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Finalmente, dopo 53 anni.
È vero che la strada per perseguire i colpevoli è ancora lunga e impervia, ma un nuovo linguaggio, uno che sarà impossibile ignorare, sta per rispondere alla vana e arrogante argomentazione di Israele, che si fa beffe del diritto internazionale.
Non pochi israeliani nell’esercito e nelle istituzioni politiche inizieranno a sudare nei mesi a venire. Per difenderli verranno assunti avvocati esperti. Alcuni di loro avranno paura di viaggiare all’estero temendo di essere arrestati. Questa è una buona notizia. Forse in questo modo inizieranno a pensare in modo diverso alle loro azioni. Forse la paura di essere perseguiti in futuro li vincolerà. Forse nella prossima stagione elettorale un candidato “centrista” come Benny Gantz non si permetterà di vantarsi del numero di vittime libanesi di cui è responsabile. Forse un altro candidato “centrista”, Moshe Ya’alon, che ha ucciso Khalil al Wazir (Abu Jihad) nel suo letto e che, come Ministro della Difesa, ha condotto l’Operazione Protective Edge (Confine Protetto) nella Striscia di Gaza nell’estate del 2014, inizierà a vergognarsi leggermente delle sue azioni.
La preoccupazione espressa dopo la sentenza, che l’indagine prevista potrebbe avere un effetto dirompente sulle Forze di Difesa Israeliane che dissuaderebbe gli ufficiali dal coinvolgimento negli insediamenti della Cisgiordania e forse li spingerebbe a pensarci due volte prima del prossimo attacco aereo a Gaza, non è la paura, ma l’inizio della speranza.
Il primo test è la risposta dell’apparato politico e dei media in Israele alla sentenza. Finora hanno dimostrato che, come sempre quando si tratta di sostenere l’occupazione, non c’è differenza tra destra e sinistra, e non ci sono mezzi di comunicazione giusti e coraggiosi: Israele si è stretto a se in un fronte unito quasi per fare la vittima e attaccare, le cose che ama fare sopra ogni cosa. Invece di presentarsi volontariamente alla corte, ringraziandola per aver cercato la verità, dopotutto, Israele non ha nulla da nascondere, e annunciando che collaborerà con l’indagine, è esploso un torrente di proteste, recriminazioni e minacce.
Passi la destra, che di certo non ne comprende la gravità. Ma il leader dell’opposizione, Yair Lapid, ha definito la sentenza “vergognosa” e ha detto che l’indagine “incoraggerebbe la resistenza palestinese”. Scusatemi? Resistenza palestinese? Lapid, il difensore dell’ordinamento giuridico, si scaglia contro il tribunale? “Sono orgoglioso dei soldati e degli ufficiali dell’IDF che ci proteggono”, ha recitato Lapid, coscienziosamente. Chi ha bisogno di Gideon Sa’ar quando abbiamo qualcuno come Lapid.
Yair Golan, dell’ala sinistra di Meretz, ovvia alla necessità dell’ala destra. “Israele non ha commesso crimini di guerra nei territori”, ha dichiarato vagamente, che sa una cosa o due sui crimini di guerra, come il cosiddetto protocollo di vicinato, dove i soldati portano i palestinesi con loro nelle ricerche usandoli come scudi umani, l’eredità del Golan nell’IDF. Con un’ala sinistra come questa, non abbiamo bisogno di Gilad Erdan, ambasciatore di Israele negli Stati Uniti e alle Nazioni Unite, che urla: “antisemitismo”, a Washington.
Anche i media israeliani, una maggioranza decisiva dei quali ha esortato i militari ad attaccare sempre più durante l’Operazione Protective Edge, non capiscono nemmeno cosa voglia improvvisamente il mondo dall’immacolato e innocente Israele, che si sta solo proteggendo dall’annientamento.
Il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte ha ritirato il suo paese da stato parte della Corte Penale Internazionale per le indagini del tribunale sulla sua sanguinosa guerra contro la droga. Israele non ha mai aderito, per timore di essere indagato. È vero, la Corte Penale non è perfetta. Colpisce duramente i deboli: Finora solo i criminali di guerra provenienti dall’Africa sono stati perseguiti. Ma non possiamo farne a meno. Alla luce di un paese come Israele, che non ha mai indagato seriamente i sospetti di crimini di guerra da parte del suo esercito e del suo governo, non resta altra scelta che guardare con speranza verso l’Aia.
Almeno 1.000 civili innocenti sono stati uccisi durante l’operazione Protective Edge; più di 200 manifestanti disarmati sono stati uccisi alla frontiera di Gaza; ogni insediamento è un crimine di guerra. Queste chiare verità non hanno mai scalfito l’argomentazione mendace e propagandistica di Israele. Forse ora un procuratore del Gambia, un giudice del Benin e un giudice della Francia faranno quello che la nostra stimata ed esaltata Corte Suprema non ha mai osato fare, con sua vergogna.
Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo nuovo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org