Repubblica scrive “In Calabria le radici del nuovo presidente argentino, figlio dell’imprenditore Franco e nipote del latifondista Giorgio, partiti per l’America dopo la seconda guerra mondiale. Il ramo paterno di Mauricio riporta all’inizio del Novecento e al nonno Giorgio Macrì, rampollo di una famiglia di latifondisti di San Giorgio Morgeto, meno di due chilometri da Polistena, in provincia di Reggio Calabria.
Geraldina Colotti, su Le Monde Diplomatique uscito in questi giorni puntualizza la situazione argentina sull’onda neoliberista tornata prepotentemente con l’elezione dell’imprenditore Mauricio Macri “picconatore dell’architettura dei diritti a colpi di decreti”.
Ogni picconata, scrive Geraldina, è un conto pagato da Macri ai suoi finanziatori: imprenditori, uomini della Cia e dei fondi avvoltoio, vecchi apparati repressivi ancora molto potenti e pronti per essere riattivati all’occorrenza.
Macri da una parte punta al boicottaggio dei processi ai repressori degli anni della dittatura militare, e dall’altra è fermamente convinto di mandare in galera Hebe de Bonafini leader delle Madres de Plaza de Mayo, per istigazione alla violenza.
L’aria che si respira è quella delle rivalse e dei regolamenti di conto:
«Cari compagni, all’alba 4 individui hanno attaccato 530 Radio Madre, la radio delle Madri, hanno picchiato un compagno e tirato delle uova». Con questo messaggio twitter, l’associazione delle Madres de Plaza de Mayo dell’Argentina ha denunciato l’aggressione subita nella sede della propria emittente.
Le Madres hanno raccontato che gli aggressori gridavano «Viva Macri» e hanno chiesto che la radio — «un simbolo della resistenza comunicativa ai monopoli» — venga tutelata. L’emittente si trova a poca distanza dall’università in cui funziona anche una libreria e una sala di conferenze. «Vogliono chiudere tutto quello che abbiamo costruito — ha detto Bonafini — credono di chiuderci la bocca, ma noi andiamo avanti». (Manifesto 3 gennaio 2016)
La dittatura militare prese il potere nel 1976, con violazione dei diritti umani e civili nei confronti della popolazione che portò a oltre 2.300 omicidi politici e alla sparizione (desaparecidos) di circa 30.000 persone, delle quali meno di 9.000 accertate dalla Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas.
In Calabria
Con la vittoria di Macri il Quotidiano del Sud, ha titolato: ” L’Argentina volta pagina, abbandona il peronismo e sposa la destra del sindaco uscente di Buones Aires Mauricio Macrì le cui origini familiari risalgono fino alla Calabria”.
Con questi titoli sui giornali Polistena in provincia di Reggio Calabria, senza domandarsi cosa significa “L’Argentina sposa la destra” si illumina per la nomina del nuovo presidente Mauricio Macri, mentre Mormanno in provincia di Cosenza è oscurato da tempo per un altro presidente argentino di origine calabrese: Leopoldo Galtieri, il quarto e ultimo dei presidenti autoproclamatosi durante la dittatura argentina.
Galtieri faceva parte della junta militare che sospese le garanzie costituzionali, dissolse tutte le associazioni politiche e sindacali artefice di un meccanismo di repressione senza precedenti.
Presidenti a parte c’è poi la Calabria che non è raccontata abbastanza, quella per esempio del sindacalista Filippo Di Benedetto, nativo di Saracena in provincia di Cosenza, nei primi anni cinquanta era emigrato in Argentina, a Buenos Aires. “Filippo Di Benedetto, l’emigrato comunista e l’eroico responsabile a Buenos Aires dell’Inca-Ggil che avrebbe dovuto occuparsi delle pensioni degli emigrati italiani e che invece ruppe gli schemi e si occupò di dar rifugio ai braccati, di preparare passaporti falsi, di fornire i biglietti aerei, di accompagnarli all’aeroporto. La storia non dice quanti furono coloro che si salvarono grazie a loro. Forse un centinaio, forse diverse centinaia” (1).
Abbiamo poi “la gente comune” Andres di San Basile alle falde del Pollino, altri due ragazzi, due fratelli – Hugo Alberto e Francisco Genaro Scutari Bellizzi poi, come ricorda Giulia Veltri in una sua inchiesta giornalistica, “non ci sono i ragazzi, giovanissimi, desaparecidos ma ci sono anche le mamme. Come Angela Maria Aieta, che aveva 56 anni quando Videla ha preso il potere. Era originaria di Fuscaldo, in provincia di Cosenza, ed aveva una grande colpa, quella di essere madre di tre partigiani dell’ala sinistra del partito peronista: Dante, Jorge e Leopoldo, tutti e tre sequestrati durante la dittatura. Angela è stata rapita una notte, davanti agli occhi atterriti del marito. Condotta all’Esma, rinchiusa e torturata e picchiata selvaggiamente per giorni, è stata uccisa con un volo della morte, ovvero narcotizzata e buttata viva nell’oceano”. (2)
Rossella Tallerico nel suo libro “Impossibile gridare, si ulula”, approfondisce la Guerra Sucia che previde la repressione sistematica degli oppositori mediante la pratica della desaparicion. Tra i 30.000 desaparecidos si annoverano anche le vittime italiane, circa millesessantasei. Rossella dedica un capitolo ai Desaparesidos calabresi: sequestrati, torturati e fatti scomparire solo perché avevano deciso di stare dall’altra parte, lottare in favore della libertà, dell’uguaglianza, del rispetto.
Coloro che non sarebbero stati né morti né vivi, evaporati fino a non avere più uno stato giuridico, li ritrovo in un appartamento del centro di Buenos Aires. È una comune civile abitazione di un condominio dell’Avenida Rivadavia. Vi tocco con mano il fior di conio più cruento che la lingua spagnola abbia consegnato al mondo nel Novecento: desaparecido. In una stanza che potrebbe essere un soggiorno familiare mi accoglie una sequenza di scaffalature di metallo, che copre per intero le quattro pareti. Lungo i ripiani, dove regna un ordine pulcro, sono allineate 340 scatole di cartone: «Mele del Rio Negro, Produzione Argentina». Ognuna di esse contiene i resti di un essere umano.
Eccoli i desaparecidos, o almeno una centesima parte di questi; aspettano in quelle scatole di mele che sia loro restituita un’identità. da: “Todo Cambia” Gennaro Carotenuto.
Rosario Citriniti
(1) Luigi Pandolfi
(2) Giulia Veltri