Il mito che gli ebrei sono sempre vittime di persecuzioni, che siano o no occupanti.

Le persone non devono essere giudicate [soprattutto] nel momento del dolore, ma i familiari delle vittime che chiedono l’espulsione dei parenti dei terroristi denotano la stessa cecità della maggior parte degli ebrei israeliani.

camere a gas
Una donna palestinese con i bambini passa davanti allo slogan “GAS agli arabi! JDL ” scritto su una parete esterna della Scuola per i bambini palestinesi vicino a Shuhada Street, Hebron, 22 ottobre, 2012.

di Amira Hass | Haaretz Feb. 3, 2016

Data l’assenza della pena di morte in Israele, 18 parenti di 17 israeliani uccisi da palestinesi in 13 diversi attacchi hanno chiesto che le famiglie degli assalitori vengano puniti con l’espulsione “permanente”. In una lettera spedita ai ministri del governo e pubblicata sui siti di notizie, i parenti spiegano “che la vera punizione che gli assassini si meritano è la morte. Ma la pietas ebraica impedisce di farvi ricorso”. La lettera e la richiesta è stata anche firmata dalle famiglie di cinque ebrei assassinati da altrettanti assalitori uccisi sul luogo dell’aggressione.

La lettera giustamente sottolinea un fatto importante: tutti i mezzi di punizione e di deterrenza adottati da Israele finora non hanno arrestato l’ondata di attacchi solitari. Non lo hanno ottenuto l’uccisione sul posto degli assalitori o sospetti tali [uccisioni extragiudiziali, ndt], nè le demolizioni delle case dei loro familiari, né le condanne a lunghe detenzioni, né le restrizioni alla libertà di movimento dei parenti[degli assalitori].

La lettera non dice nulla riguardo a dove i familiari dovrebbero essere espulsi, ma un servizio della radio Arutz Sheva colma la lacuna e chiarisce che l’obiettivo è di espellerli da Israele. I firmatari non spiegano se intendono che anche la famiglia allargata – zie e zii, cugini- debba essere espulsa, o soltanto il nucleo familiare, in altre parole i genitori e i loro figli. E nemmeno entrano nei dettagli sulle modalità dell’espulsione, se debbano andarsene a piedi o con un pulmino.

I firmatari sanno che “ la famiglia che ha cresciuto ed educato l’assassino e gli ha insegnato ad odiare gli ebrei e ad ammazzare devono pagare il prezzo, fosse solo per il potere di deterrenza determinato da una tale espulsione”. Uno dei firmatari è un rabbino (Yehuda Henkin) e tre sono mogli di rabbini uccisi ( Neta Lavi, Noa Litman e Sarah Don).

La lettera è scritta nel linguaggio stereotipato che prevale da queste parti , riguardo agli “ebrei ammazzati in quanto ebrei”. La gente non dovrebbe essere giudicata quando è colpita da un lutto, ma i firmatari dell’appello per un’espulsione di massa dei palestinesi abbracciano il mito accettato non solo da loro o dalle famiglie ebree delle vittime, il mito che l’ebreo è sempre vittima della persecuzione, sia occupante o no, sia il potere militare o no.

Il fatto che nella loro lettera vi è una totale incapacità di comprendere la realtà della superiorità militare, diplomatica ed economica che ha permesso per 70 anni di espellere i palestinesi, rubare la loro terra, demolire le loro case e ammazzarli in linea con la legge, con l’ordinamento e con la democrazia per gli ebrei, non è dovuto al loro dolore personale; come la maggior parte degli ebrei israeliani, che hanno scelto di negarla, ignorano volutamente questa realtà. Dopo tutto se ne approfittano.

 

Infatti Ruthie Hasno, abitante a Kiryat Arba, il cui marito Avraham è stato travolto e ammazzato [da un auto], è convinta che quelli che hanno spedito la lettera parlino in nome di tutti. Ha detto a Arutz Sheva: “La richiesta di espellere i terroristi e le loro famiglie non solo viene dalle famiglie delle vittime ma anche dall’intero popolo ebraico. Tutto il popolo ebraico sta chiedendo inequivocabilmente l’espulsione di tutti i terroristi e di quelli che si sono macchiati del sangue ebraico. Non hanno nessun diritto e nessun posto in questo Stato”.

Sin dalla sua costituzione Israele è caratterizzata, dalle espulsioni di massa dei palestinesi dalla loro terra e dai tentativi di altre massicce espulsioni. I gerosolimitani sono sempre a rischio di espulsione. Dalla loro città e dalla loro terra. Imprigionando 1.8 milioni di palestinesi in una stretta striscia , il che non è sostenibile, Israele sta alimentando in circa il 40% della popolazione il desiderio di emigrare. Ciò è un tentativo indiretto di espulsione. Il sovraffollamento dei palestinesi nelle enclave A e B della Cisgiordania è il [risultato] del compromesso dei governi a Oslo tra l’antico desiderio di espellere i palestinesi e la situazione diplomatica che lo rende impossibile.

L’attuale governo in ogni momento supera ogni limite, avendo l’approvazione dalla gente. Questa è la ragione per cui la lettera non deve essere sottovalutata come un grido di dolore di [alcuni] individui. È una pericolosa indicazione da parte di famiglie che non si discostano dall’opinione maggioritaria in Israele. “Che Benjamin Netanyahu faccia [le espulsioni] senza paura”, dice Ruthie Hasno. “Per questo l’abbiamo votato”.

 

Traduzione: Carlo Tagliacozzo

fonte: http://www.haaretz.com/misc/article-print-page/.premium-1.701024

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